giovedì 3 novembre 2016
Ieri in prima sul “Corsera” firma illustre: «È la prima volta che il Papa parla di “prudenza” nell'accogliere gli immigrati». Che dire? La prudenza è virtù “cardinale”! Vuol dire che su essa, come su un “cardine”, si apre e si chiude ogni porta ideale di strategia apostolica e di uscite missionarie. Leggi che sul tema ora «Francesco vuole dissipare un equivoco», che in realtà era in testa a tanti che sfidando il senso del ridicolo si sentivano minacciati dal fatto che il successore di Pietro ricorda quello che indica sempre come “il nucleo cui tutto si riduce”, e cioè proprio l'accoglienza di ogni “prossimo” in difficoltà: “Lo avete fatto a me!” (Mt. 25). Altri equivoci però anche in pagine opposte, e sul “Fatto” (1/11, p. 11) leggi che tutto, a partire dal viaggio a Lund, si spiega così: “Il Papa e Lutero: il progetto è politico”. Marco Marzano su 4 colonne rivela che in fin dei conti Francesco è uno che otto secoli dopo vuole realizzare il progetto di dominio universale che fu di Innocenzo III, e che oggi non ha di fronte Federico II, come ai tempi del primo Francesco, quello di Assisi, ma il mondo moderno, intero e secolarizzato! Che dire? Esibizioni. Ne trovi anche al rovescio. Sul “Tempo” stesso giorno (p. 1) Marcello Veneziani racconta l'opposto esatto: macché dominio universale e potente grazie al quale come ai tempi di Gregorio VII e poi appunto di Innocenzo III anche in termini tutti “temporali” “la Prima Sede non è giudicata da nessuno e giudica tutto e tutti”! “Papa estroverso” che pensa sempre e solo ai lontani Francesco ottiene questo paradossale risultato: «Fa scappare le sue pecore dall'ovile senza portarne di nuove a casa». Ovviamente certi intellettuali “respirano” solo se stessi: pensano di avere in pugno la contabilità delle “pecore”, ma senza conoscerne il vero odore.
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