sabato 28 gennaio 2017
Ieri sul “Foglio” (p. 2): «È vero, la dottrina non basta, ma anche il bergoglismo serve a poco». Di solito lì l'aria è diversa. Non ti piace quel «bergoglismo» – solita “aria” – ma nel testo Luca Diotallevi riesce a scrivere cose da quelle parti scomode. Per esempio che «la verità cristiana non è una serie di formule cristallizzate, ma una vita che si snoda nel tempo, anche con apparenti contraddizioni». E cita sant'Agostino: «Dio può chiedere oggi cose che ieri vietava». Dura, per chi pensa che verità e concetto siano sola realtà, mentre questa è anche vita che scorre diversa nell'unica luce di una Parola (P maiuscola!) che nel tempo può essere via via più o meno compresa e praticata. E così è «Beato chi ascolta la Parola di Dio, e la mette in pratica!» (Lc. 11, 28). Leggi e ricordi papa Giovanni e il suo Gaudet Mater Ecclesia alla sorgente del Vaticano II (11/10/1962): non cambia la Parola. Siamo noi che la comprendiamo meglio. E Diotallevi – merito suo – arriva a presentare la chiave per superare l'apparente contraddizione: «L'orizzonte è quello del discernimento, non quello delle deduzioni». Perfetto! Ci pensi chi afferma che papa Francesco «non è chiaro», avanzando dubbi dovuti solo al rifiuto del discernimento. Proprio questo è, chiarissimamente, il portato principale di Amoris laetitia! L'importante è leggere tutto, e bene, senza fermarsi e far finta che non ci sia altro che qualcosa che non suona la musica cui per tanto tempo qualcuno è stato abituato. “Discernimento” ignaziano? Sì, ma anche “paolino” e originale – unico nella Parola – per le condizioni di accesso all'Eucarestia: «Ogni uomo esamini – dokimazéto: imperativo proprio del verbo “discernere” – se stesso e così veda di mangiare quel pane e bere quel calice!» (ICor. 11, 28). Aria buona.
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