sabato 1 febbraio 2020
Lunedì 3 celebrazione del 150° di Roma Capitale d'Italia. Mancano fondi, tra Comune e Stato, e si cercano rimedi. Confusioni anche in pagina. Sul "Messaggero" ieri (p. 11) leggi che «le parole più importanti» sulla fine del potere temporale furono del «futuro Papa Paolo VI» che nel 1962 affermò di non avere «alcuna nostalgia… né alcuna segreta velleità rivendicativa». La realtà dice di più. Già Papa da 7 anni all'inizio del 1970 Paolo VI incaricò a sorpresa il cardinale vicario Dell'Acqua di celebrare l'evento a nome suo con una Messa, e proprio a Porta Pia! Per caso ero nello studio di Dell'Acqua quando il Papa lo chiamò al telefono per dargli il sorprendente incarico. Dunque per lunedì si prevede un "messaggio" di papa Francesco che sarà letto dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato. La confusione tra Istituzioni, non solo sui fondi, si riflette anche sui giornali dove leggi che dopo Porta Pia e fino a Giovanni XXIII «i papi non uscivano nemmeno dal Vaticano», ma ricordi che Pio XII morì (9/10/1958) a Castelgandolfo e, durante la guerra, abbracciò il popolo bombardato di San Lorenzo. Ma sui rapporti tra Campidoglio e Papi resta indimenticabile l'entusiasmo di un Tgr Rai che mentre Giovanni Paolo II entrava in Campidoglio annunciava «la prima volta di un Papa sotto questi grandi archi!» Il bello era che in alto c'era in latino, sul marmo, il nome del Papa che aveva edificato quell'ingresso. Qui (6 e 7 aprile 2011) ho già segnalato che Pio IX stesso mostrò di aver capito gli eventi del 1870 e l'importanza di Roma per l'Italia unita, come scrive Benedetto Croce ("Storia d'Europa nel secolo XIX", Ed. Laterza, 1932, p. 200), e che Camillo Cavour il 25 marzo 1861 alla Camera dei Deputati parlò con stima, anche «da cattolico», di Papa Pio IX! Ambedue i testi nel volume "Cavour e la sua eredità" (Ed. Rubbettino, 2011). Coraggio!
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