mercoledì 3 ottobre 2012
Sempre sulle "radici", nel caso cristiane. Lunedì sul "Corsera" (pp. 1 e 31) personalissimo ricordo di Susanna Tamaro per Carlo Maria Martini: «Il cardinale che m'insegnò ad arrossire». Normale, ma nella realtà, su un giornale come quello dice molto di umanità condivisa, e nell'occasione mi richiama al "Memorandum" sul "Domenicale" del "Sole 24Ore" del giorno prima (30/9, p. 1: «La risata fragorosa di don Bruno che ci ha fatto crescere»), che il direttore Roberto Napoletano ha dedicato ad un prete scomparso di recente. Parla di mons. Bruno Schettino, fino a poco fa arcivescovo di Capua, conosciuto ai tempi in cui «faceva il parroco di Nola». Così: «Mi ha insegnato a stare con gli altri, a conoscere meglio chi mi era vicino… (è stato) l'amico degli immigrati, si è privato del suo per darlo ai poveri e ai bisognosi, ha usato parole molto forti contro il clan dei Casalesi». E allora mi torna in mente che tempo fa sempre Napoletano ricordò con grande efficacia l'amico Paolo Giuntella, collega giornalista e cattolico, eccellente in ambedue le cose. Anche qui "radici" comuni, esempi autentici, testimonianza limpida senza altra pretesa che quella di proporre, mai imporre, una luce che non è solo di chi la propone. Per la cronaca personale, tutta mia, conobbi Paolo Giuntella quando aveva 3 anni e sgambettava vivace nella casa paterna a Roma, in via Giuseppe Ferrari, figlio di un noto storico superstite dei lager nazisti, e di una splendida docente di francese. Testimoni: Carlo Maria, la discrezione mai invasiva, don Bruno, la gioia contagiosa e Paolo, l'esempio coerente fino in fondo. Appunto, "radici" per tanti, che fa piacere ritrovare in pagina varia…
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