giovedì 17 ottobre 2013
Su "Repubblica" (15/10, p. 1) Jan Buruma spiega ai lettori «La lezione di Papa Francesco e la coscienza di Snowden». Ti sorprende la sicumera "imbecille" (etimo: "sine baculo", cioè senza sostegno alcuno) dell'incipit: «Papa Francesco è apparso dagli stantii ambienti (sic!) della Chiesa cattolica». Lui la sa lunga e da quelle parti, su "Repubblica", spesso questa è la considerazione della Chiesa. Il seguito della "spiegazione" è un cumulo di manifesta ignoranza: «La cosa più sorprendente che il Papa abbia detto è… che un ateo non rischia le fiamme dell'Inferno purché segua la propria coscienza». Cita le parole di Francesco, Buruma, ma non le ha capite perché da sempre è verità del Catechismo che per "rischiare l'Inferno", col «peccato mortale», ci vuole «piena coscienza e deliberato consenso». Buruma sbalordito, quindi, solo perché disinformato: una conoscenza davvero "stantia"! Ma insiste: «nemmeno i protestanti più devoti si spingerebbero tanto lontano»! Tutto il seguito è sciatteria e pressappochismo, con evidente disprezzo verso tutti «i testi sacri», e di tutte le religioni. Sbalorditiva insipienza, davvero! E bene ha fatto ieri "Il Foglio" – (p. 3): «Il narcisista molesto» – a bacchettarlo definendo Buruma «giornalista olandese trapiantato a Londra e a New York… pezzo da novanta della sinistra culturale benestante e compiaciuta». Lo ha fatto però con questa esplicita accusa: lui «Dopo Van Gogh… prende male la mira anche sul Papa». Una difesa del Papa? No, solo un'accusa della mira presa male. Infatti, la difesa è per Snowden, colui che seguendo la sua coscienza ha rivelato a tutti i segreti custoditi dal governo degli Usa e della Gran Bretagna. Che peccato!
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