sabato 21 febbraio 2009
Ho una passione antica per il calcio che è diventata nel tempo cultura del calcio. Perché ho avuto maestri come Fulvio Bernardini, Antonio Ghirelli e Gianni Brera, il primo sublime tecnico, il secondo autore della prima grande storia del calcio (Einaudi), il terzo eccelso tattico che ha lasciato una godibilissima "Storia critica del calcio italiano" (Mondadori). Maestri, colti affabulatori, scrittori comunicativi. Poi ho studiato Desmond Morris e tanti altri narratori, storici e saggisti che ho conosciuto, interrogato, ascoltato con la curiosità del cronista e l'umiltà dell'allievo. Devo a Mario Pennacchia e al suo "Il grande calcio" (Utet) e ai professori Papa e Panico, autori di una fantastica "Storia sociale del calcio" (Il Mulino), arricchimenti continui di una competenza che non può fermarsi al 4-3-3. Non sono diventato maestro, ma prof. Mi invitano in tante università a raccontare le mie esperienze o a dar lezioni di sociologia del giornalismo sportivo o dello sport. Sono barbuto, non sono barboso. Gli allievi spesso si divertono e io mi chiedo se sia giusto che un prof sia divertente. Il più delle volte - quando non viaggio troppo nella storia - mi tuffo nella cronaca. Negli ultimi tempi, i temi più trattati: Calciopoli, etica e morale dello sport; calcio, economia e tecnologia; il contropiede, metafora della vita (mi accontento del dettaglio, Jean Paul Sartre s'allargava a tutto il calcio). E via così. In queste ore sono felice che il presidente dell'Uefa, Michel Platini, osannato ai tempi della sua milizia juventina, abbia bocciato gli eccessi tecnologici invocati per il calcio, ottenendo per questo meno consensi di quanti non ne ebbe quando deliziava coi piedi: perché ormai i media pallonari sono invasi da moviolisti, bordocampisti e labialisti che smaniano per la moviola in campo. Contro questo strumento anticulturale, stupido e falso (lo manovrano uomini e Calciopoli ci ha svelato come) ho proposto più di dieci anni fa, ai tempi del "Processo di Biscardi" a Telepiù, di piazzare assistenti supplementari nei pressi delle porte per evitare i famigerati «gol fantasma» e aiutare gli arbitri a veder meglio e possibilmente tutto. E Platini è andato oltre: «Se ci fosse stato un arbitro in più, la mano di Adriano l'avrebbe vista, in campo non serve tecnologia, ma più arbitri». E ha aggiunto: «Il calcio va cambiato, ma in forma umana, non digitale». Olé. Amo il nostro calcio, si sa, soprattutto perché cultore ed esecutore del contropiede, arma di vita per un popolo che sa soffrire, sopportare e un certo punto reagire con forza e passione fino a capovolgere le situazioni che lo vedono in difficoltà. Mi ha stupito in queste ore la resa di Walter Veltroni, noto calciofilo juventin/trapattoniano, quotidianamente impegnato a colpire in contropiede l'esperto offensivista Silvio Berlusconi, che in poche partite elettorali lo ha battuto con un punteggio tennistico. Dovrò aggiornare le mie teorie? Ne parlerò con gli allievi della Lumsa, a Roma, la prossima settimana.
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