sabato 4 agosto 2012
Luglio, che tempo fa? «Spaventoso: caldo eccessivo, piogge torrenziali, di notte lampi che tagliano il cielo in un muto silenzio senza il rumore del tuono. Mai stato così». È strano come dei tempi passati non abbiamo memoria per quello che riguarda le situazioni atmosferiche e siamo pronti a giurare che questa che stiamo vivendo sia la prima stagione senza regole, senza passato.C'è una parete di legno che divide la camera pranzo dalla sala grande dove la sera si accendeva sempre il caminetto pur essendo mesi d'estate. Con una penna stilografica mio padre scriveva su questa parete, nei giorni di vacanza l'andamento del tempo. Nella prima metà del Novecento l'economia era ancora supportata in gran parte dalla coltivazione della terra e il contadino regolava il suo lavoro secondo la luna, le nuvole, il vento e la sua esperienza. Non esistevano "le previsioni del tempo" e i progetti di viaggi, di gite in montagna, di uscite in barca sul lago i in mare si facevano senza indicazioni particolari. Il primo scritto è del 1934: Anabasi, Catabasi erano il racconto dell'arrivo e della partenza di una grande famiglia con la nonna, le zie, figli e nipoti. Subito dopo veniva la descrizione del tempo. «1934 Bello il luglio, pessimo agosto. Piogge. 1935: all'ombra 26 gradi. Niente fragole, anno di vespe. 1936: poco sole. 1937: molti funghi bellissimo agosto. 1939: a Roma 40 gradi, a Sella, sempre il caminetto acceso. Primi allarmi di guerra. 1941: tempo discreto. Rinnovato il tetto. 1942: siccità. In casa poca acqua, solo quella che scende dal prato». Le betulle d'argento, il vento che le fa cantare. Le nuvole che trascinano il sole nell'onda rossa del tramonto erano le piccole grandi cose che la natura non calpestata offriva a noi che avevamo poca possibilità di spendere al di là delle cose necessarie. Oggi che in poche ore possiamo fare il giro del mondo questi spazi possono sembrare angusti e brevi e si dimentica di guardarne la ricchezza. La bellezza quasi brutale dei ghiacciai e dell'aurora boreale, come la disperazione del deserto africano o l'imponenza della foresta amazzonica, ridotti di misura e di intensità si trovano anche nella nostra terra, basta vedere in grande, regalare a noi stessi e a chi ci ama la lente della fantasia e si potrà viaggiare anche restando nell'aiuola di un giardino. Il fiore giallo che si apre nel prato appena falciato, le acque del lago cupe per l'ombra delle nuvole cariche di pioggia possono avere il medesimo fascino delle ampie cascate o dei grandi fiumi. Si tratta sempre di misure che il nostro occhio può dilatare a nostro piacere. Quando nel tempo di guerra non si poteva lasciare la città, portavo le mie sorelle davanti alla vasca da bagno e facendole sbattere i piedi nell'acqua cercavo di convincerle che era come stare fra le onde del mare.
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