giovedì 10 gennaio 2008
Battesimo del Signore
Anno A

In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed una voce dal cielo disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto».

Gesù ricomincia dal Giordano, quasi portasse a compimento un esodo: l'esodo di Dio, il lungo viaggio di Dio in cerca della sua terra promessa che è l'uomo: terra arida e dura, terra di spine eppure promessa.
Il Battesimo è fatto di acqua, di voce, di Spirito. L'acqua del fiume è come un solco di vita arato dentro il deserto arido, perenne frontiera alla terra promessa. Gesù si immerge nel fiume per me, non per sé; entra nell'acqua, dove l'uomo nasce ma non può vivere, dove Giovanni fa rinascere con la conversione, come una promessa di vita nuova: «con me vivrai solo inizi, uscirai dal deserto, entrerai nella buona terra». La terra promessa dell'uomo, la sua patria è Dio.
Gesù uscì dall'acqua, lo Spirito scese come colomba, e venne una voce. In un solo versetto, come in una miniatura, il Vangelo delinea la Trinità: un Padre che è voce, un Figlio che è volto, uno Spirito che è legame.
La voce del Padre parla due sole volte nel Vangelo, al Battesimo e alla Trasfigurazione, unisce il fiume d'acqua e il monte di luce, rivelando la sua identità e la missione di Cristo e dell'uomo.
«Figlio» è la prima parola. E subito Dio si offre come Padre, come disarmato amore: Egli non è mai tanto se stesso come quando, amoroso, dà vita: «non cercatemi là dove sono, ma dove amo e sono amato» (Jacques Maritain). Figlio: termine carico di pathos, vertice del desiderio: di tutte le piste che puoi percorrere sulla terra, la più importante è quella che conduce all'essere umano.
«Amato» è la seconda parola, sigillo della nostra identità. Il mio nome è «amato per sempre». «Sappiano, Padre, che li hai amati come hai amato me». Dio ama me come ha amato Gesù, con quella intensità, con la medesima emozione, con l'identica speranza. E con in più tutte le delusioni di cui io sono causa; io, amore e dolore di Dio.
«Mio compiacimento» è la terza parola. Termine bellissimo che dice gioia, esultanza, offre l'immagine di un Dio che trova felicità. Ma quale gioia può venire al Padre, quale emozione gli può regalare questa canna sempre sul punto di rompersi, questo stoppino dalla fiamma smorta che io sono? Solo un amore immotivato spiega queste parole.
Il cielo si è aperto su Cristo, si apre su noi, così come si aprono le braccia all'amico, all'amato, al povero, sotto l'urgenza dell'amore di Dio, sotto l'impazienza di Adamo, sotto l'assedio dei poveri, e nessuno lo richiuderà più.
(Letture: Isaia 42,1-4.6-7; Salmo 28; Atti 10,34-38; Matteo 3,13-17).
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