mercoledì 23 gennaio 2013
Fare il comico comporta tristezza. Diceva Totò e, a suo modo, conferma Corrado Guzzanti, ieri desolato sul “Fatto” (p. 18): «Cattolici offesi? E alla mia laicità chi ci pensa?». Dovrebbe provvedere lui, ma da quelle parti e su certi argomenti parlare di “pensiero” è un azzardo. Ha scritto una “lettera” per ringraziare chi lo ha difeso dalle rimostranze dell'«Associazione cattolica Aiart» per una trasmissione su “La7” in cui nelle vesti di «Padre Pizzarro» derideva, tra truculento e bullesco un paio di miliardi di credenti, cattolici, evangelici, ortodossi ed ebrei che – ai tempi nostri! – ancora insistono nella fede. Dice, lui, che quella trasmissione era già andata in onda. E già! Se non ti offendi e protesti al primo schiaffo, al secondo devi stare zitto! Dice che lui – e va bene, visto il livello di cultura – ma anche nessun altro – e non va bene: l'ignoranza è tutta sua – neppure sapeva che esiste l'Aiart. E già! Se Guzzanti non ti conosce, non esisti. Dice anche altro, e sentendosi abbandonato ci ride sopra per darsi coraggio, poverino. Tu leggi e ti chiedi che puoi dire. Uno: è errore attribuire ad altri, nel caso i credenti, idee ridicole che invece sono solo sue: malintesi per ignoranza o volute falsificazioni. Nessuna censura: ovvia la libertà di non credere, ma non di gridare che chi crede è solo un cretino e un ritardato mentale e culturale. Due: sia permessa – semel in anno! – una citazione da Augias (“Repubblica” di ieri): «nessuna analisi in quei commenti che andavano a cercare nel cestino dei rifiuti (e) riflettevano solo il delirio di chi aveva scambiato il proprio fanatismo con la realtà». È su altro argomento, tragico di suo, ma perfetta anche per le “comiche” dell'altro Corrado.
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