«Stabat Mater», l'omaggio devoto di Brunetti al genio di Pergolesi
domenica 10 febbraio 2008
In principio era lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi, capolavoro assoluto che ha squarciato il firmamento della musica sacra come un vero e proprio fulmine a ciel sereno. «Canto del cigno» di un artista tanto geniale quanto sfortunato " morì nel 1736 (a soli ventisei anni) stroncato da una forma implacabile di tubercolosi " ha rappresentato l'irrinunciabile termine di paragone per intere generazioni di compositori, onorato da esecuzioni frequentissime e da un'infinità di copie manoscritte, edizioni a stampa e revisioni: come la celebre versione approntata già negli anni Quaranta del Settecento dal sommo Bach, che aveva adattato lo Stabat pergolesiano a una parafrasi tedesca del Salmo 51, o ancora quelle realizzate da Paisiello, Hiller e Salieri.
Nel novero dei devoti «arrangiatori» rientra anche tal Giovanni Gualberto Brunetti (1706-1787), toscano di nascita, napoletano per formazione musicale e carriera accademica, che arrivò a ricoprire la carica di direttore del Conservatorio dei Turchini nella città partenopea prima di diventare maestro di cappella presso la Cattedrale di Pisa; concepito intorno al 1764, il suo Stabat Mater consiste di 13 sezioni distinte (6 duetti, 4 arie per soprano e 3 per contralto) e rispecchia una chiara simmetria strutturale e melodica con la partitura originale di Pergolesi: in modo quasi pedissequo fino al quarto numero, con evidenti licenze stilistiche e libertà espressive nella parte centrale, per poi ritornare sui binari della «stretta osservanza» nei passi finali.
L'interpretazione offerta dall'Ensemble Turicum, con il soprano Elena Mosuc e il controtenore Luiz Alves Da Silva nel ruolo di cantanti solisti (cd pubblicato da Pan Classics e distribuito da Jupiter), mette inevitabilmente in luce la discontinuità che caratterizza l'ispirazione e la scrittura di Brunetti, senza peraltro mai tradire il fascino quasi ipnotico che ancora oggi avvolge la musica di Pergolesi, nella sua veste autentica o nei suoi svariati adattamenti; in un vorticoso «quadro d'affetti» che rappresenta la sintesi ideale tra i sentimenti di sofferenza e dolcezza, consolazione e pietà, angoscia e serenità risvegliati dalla toccante scena che ritrae la Madonna ai piedi della croce «dum pendebat Filius».
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