domenica 24 maggio 2009
Nella Chiesa, salva la fede, la critica interna è necessaria e può essere fraterna: anche Paolo si oppose a Pietro sul rapporto con la ritualità antica. Ma se con motivazioni ecclesiali arrivano accuse disonoranti e chi le subisce è senza difesa, allora no. Sul "Foglio" (21/5, p. 2) dietro un muro di condizionali e implicando anche il Papa trovi imputati il card. Bertone e "L'Osservatore" e, stessa pagina, attacco feroce al card. Tettamanzi che su Raitre, da Fazio, ha parlato francamente dei problemi di Milano e perciò merita una pioggia di definizioni ostili: "bioeticista brianzolo, "pastore giovanneo senza i voli pindarici di un (sic!) Roncalli, dal tono pastorale dimesso"". Stesso giorno sul "Giornale" ( p. 21) peggio fin dal titolo: "Tettamanzi, l'arcistar buonista che predica il dialogo dal salotto tv". Testo al veleno: "solitamente incline alla prudenza, ma non come virtù cardinale" (cioè: se non vile, pauroso!), fa "omelie mediatiche più seguite di quelle domenicali" (in chiesa non se lo fila nessuno!), "arcivescovo a Milano per volontà di Dio e del card. Re" (era meglio un altro!), "ha flagellato la sua città" (cioè ingrato e autolesionista!), a Genova fu "partecipe alle proteste no global"né teologo come Martini, né intellettuale come Montini"le sue pecorelle fanno fatica a seguirlo"tra Totti e Ramazzotti" bazzica Lerner e Fazio e"tiene più al dialogo che a Gesù Cristo! Tutto spiegato - pare - perché sul tema immigrazione l'arcivescovo di Milano ha parlato chiaro e dà fastidio? Sì: come il Papa e la Cei. E come il Vangelo: "ero forestiero e mi avete accolto"! No: così non va.
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