giovedì 13 novembre 2014
«Ponti, non muri!». Così il Papa domenica, e su tutti i giornali nel 25° del crollo del Muro, a Berlino.Compito anche dei credenti: ponti tra noi e Dio e tra Dio e il prossimo, possibili solo perché in un Uomo, "nato da Donna", Dio stesso è "sceso" per poi risalire al Padre suo, fatto grazie a Lui anche nostro. Ponti, e non muri? Spunti multipli. Un logion tra gli apocrifi: «La vita è come un ponte, passaci sopra, ma non costruirci la casa». E c'è altro, ispirato a cronache ecclesiali di questi giorni dopo il Sinodo. Si parla di dogmi, o per sorridere di sufficienza laica che si crede sola padrona della ragione, o per farne un uso di "muro" arcigno, come tale intoccabile, e qualcuno avanza il dubbio che persino lui, Francesco, voglia metterne in discussione un paio.E così leggi che per uomini di fede eccellenti, anzi eminenti, oggi la Chiesa sarebbe addirittura «senza timone». Anche se poi una messa a punto è arrivata, annoto: "senza timoniere" sarebbe diverso, e meno grave. Il timoniere oggi può essere un uomo chiamato dalla «fine del mondo», ma «il timone» parrebbe essere stato posto dal Fondatore... E allora tra muro e ponte si torna sul dogma. Dopo Kant è diventato comune parlarne male.Chi conosce la storia del dogma, cristiano e cattolico, deve però sapere che esso in realtà non è – appunto – un "muro", ma un'indicazione di cammino, una freccia che invita ad andare avanti, e più in profondità, senza tornare indietro: gli antichi, con Vincenzo di Lerins, dicevano «in eodem sensu, in eadem sententia».È quella che può chiamarsi "evoluzione del dogma": un ponte verso il futuro di questa Chiesa che non ha muri, ma è fondata sulla roccia di Cristo, e del vescovo di Roma, Pietro che si fa "pietra" vicaria della "Pietra (eterna) che era Cristo" (I Cor. 10, 4). Da Berlino a Roma: ponti non muri!
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