martedì 7 dicembre 2010
Ieri ("Corsera", p. 1) Francesco Alberoni sulla «partigianeria» tutta negativa dei politici che per il loro potere mutilano «inevitabilmente» la realtà: «Il politico militante, anche il più equilibrato, è sempre partigiano». Vale anche per la televisione e certo giornalismo? Ripenso a
"Vieni a via con me" e penso a "Che tempo fa": e il timbro resiste. Sabato da Fazio c'era Massimo Gramellini " domenica qui Liverani lo dimostrava incapace di capire la dignità del «perdono» evangelico " che biasimava i cattolici «spietati»: come si sono permessi di dire che il povero Monicelli era «solo e disperato»? E deplorava la Binetti, dimenticando volutamente non solo che ella replicava in aula all'esaltazione radicale della "dolce morte", da noi ancora fuori legge, ma anche che a parlare di Monicelli «disperato e lasciato solo da tutti» era stato pubblicamente " citato da tutti i giornali " anche Paolo Villaggio, certo non uno «spietato cattolico», dicendosi «unico» a essergli rimasto vicino! Gramellini non legge i giornali o da «politico militante partigiano» mutila «inevitabilmente» la realtà? Vale anche per uno sfogo di veleno ("Il Fatto", 3/12, p. 9: «I cattolici fanatici e il terrore della morte») firmato Pino Corrias, e per Luigi Cancrini («La morte secondo Monicelli», "Unità, 5/12, p. 14), ambedue così «partigiani» - nel senso suddetto - da non capire che nessun cattolico vero giudica «il povero Monicelli» " è scritto «non giudicate, e non sarete giudicati!» " ma che qualcuno " cattolico o no " può pensare che in diritto il suo «lasciarsi cadere da un balcone» " termini di Cancrini " non è un «magnifico gesto». Così difficile da capire?
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