«La leggenda di Santa Elisabetta» preghiera musicale del mistico Liszt
domenica 19 ottobre 2008
Un tema etereo, sospeso, inaugurato dai legni e affidato al canto lirico del violoncello, apre l'oratorio La leggenda di Santa Elisabetta di Franz Liszt (1811-1886), invitando sin dalle prime battute l'ascoltatore a immergersi nel clima mistico e di ascesi spirituale con cui il compositore ha marchiato a fuoco questo suo lavoro. La scintilla dell'ispirazione musicale lisztiana va ricondotta all'arte figurativa del pittore austriaco Moritz von Schwind che, attraverso un ciclo di affreschi di forte temperie romantica, ha voluto ripercorrere le tappe principali della vita della virtuosa nobildonna: figlia del re Andrea II d'Ungheria e discendente diretta di Carlo Magno, Elisabetta nacque nel 1207 e andò in sposa a Ludovico, erede del langravio di Turingia, a soli quattordici anni; rimasta vedova a venti, entrò nel Terz'Ordine Regolare di San Francesco (di cui oggi è patrona) e si ritirò presso l'ospedale che aveva fatto costruire a Marburgo, dove si dedicò alla cura dei poveri e dei malati fino al giorno della sua morte, sopravvenuta nel 1231.
Iniziata a Weimar nel 1857, completata a Roma nel 1862 ed eseguita per la prima volta a Budapest nel 1865, La leggenda di Santa Elisabetta può essere in qualche modo considerata una sorta di trasposizione in ambito sacro della concezione di "opera totale" con cui Wagner andava rivoluzionando il teatro musicale coevo; un approdo a cui l'animo tormentato del compositore " che proprio nel periodo della stesura di questo oratorio maturò la scelta di prendere gli Ordini Minori " affidava le domande esistenziali che lo scuotevano interiormente. Una partitura densa e complessa, oggi riproposta " in due cd pubblicati da Cpo e distribuiti da Sound and Music " dal Coro della Radio Ungherese, dalla Staatskapelle di Weimar e dal direttore Carl St. Clair in un'interpretazione che presenta esiti alterni, soprattutto dal punto di vista vocale, ma che ha l'indubbio merito di centrare in pieno gli episodi salienti dell'intero lavoro: la scena del "miracolo delle rose", condotta sullo sfondo di un tessuto armonico quasi impressionistico, il grande monologo con la preghiera di Sant'Elisabetta che affida la propria anima al Signore e il celestiale coro degli angeli che ne cantano l'ascensione in cielo.
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