venerdì 26 novembre 2010
Credere o non credere: è questo è il problema? Sì, con appendice che constata come tutti "crediamo". Anche chi dice di "non credere", "crede" di non credere. Non è solo un gioco di parole. Certi "non credenti" hanno una fede in sé stessi più cieca di ogni fede. L'altra mattina su Raiuno Piergiorgio Odifreddi parlava per un quarto d'ora di un libro che confessava di non aver letto: spericolatezza da vertigine! Altro? Sì. Gilberto Corbellini ("Sole 24 Ore", 26/9, p. 38) con titolo "Un miliardo (e più) di non credenti" trionfava per "L'avanzata della secolarizzazione". Ovvio che per lui secolarizzazione dica solo "non fede", il che è una grave forzatura dal punto di vista storico, filosofico e anche teologico. Lui è felice, perché «il numero di atei e agnostici aumenta di 8 milioni l'anno», e aggiunge rassicurante che «il fenomeno riguarda i Paesi più avanzati». Dunque loro si "credono" avanguardia di cultura, progresso e futuro, e lo fanno con una "fede" che dà sicurezza totale. E questo per l'"alta" cultura. A quella bassa pochi giorni dopo (2/10, p. 14) provvedeva "L'Unità" con lettera firmata Gianni Tirelli " "La fede del laico" ", ove tra altro si leggeva: «Io credo in Cristo come credo in Pasolini, Gandhi, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Non credo in Alessandro, Cesare o Napoleone, ma in Socrate, Virgilio e Laplace" Perché dunque credere in un Dio infinito" riducendo la questione della fede a dogma assoluto, sudditanza e subalterna accettazione del mistero?». Che "fede"! Eppure stesso giorno ("La Stampa", p. 34) Giuseppe Sesta, "fisico in pensione", afferma che "Fede è ragione". Come? Un uomo di scienza "crede" ciò che da sempre dice la fede cattolica? Sì! Tutto sottosopra!
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