domenica 16 maggio 2010
All'«inganno della Sindone» la rivista MicroMega dedica un intero fascicolo (n. 4) di 110 pagine per dimostrare che il telo di Torino è «un falso». Non è la prima volta che se ne parla così e una bibliografia di falsologia sindonica sarebbe corposa, ma non per questo valida. Nelle poche righe concesse a questa rubrica non è possibile contestare i singoli argomenti. Forse, però, non ne vale neppure la pena: ci sono pure il sarcasmo di Alessandro Robecchi e un richiamo di Paolo Flores D'Arcais a Berlusconi. Tra gli autori primeggia l'ineffabile Piergiorgio Odifreddi, il quale continua a giurare sulla «prova regina del carbonio 14», nonostante che egli stesso ricordi che il lenzuolo è «sopravvissuto sia a ripetute immersioni in olio bollente e lisciva effettuate nel 1503 [...] sia al calore di un incendio del 1532 che la danneggiò» e parla della Sindone come di «una bufala» (è il linguaggio della sua scienza?). Quelle 110 pagine, scritte da chi non ha visto la Sindone neppure da lontano, sembrano piuttosto la prova (diciamo "principessa"?) della inconfessata paura che l'attivismo ateista nutre verso un documento così eloquente. Logica vorrebbe che per una «bufala» non valga la pena di tanto sforzo intellettuale. MicroMega non ha mai dedicato un fascicolo ai giganteschi peli della barba di Maometto conservati nel Topkapi di Istanbul. Il fatto è che spesso l'ateo si sente condizionato dalla sua stessa definizione (a-theos, privo di dio, ma si può essere privi di ciò che " dicono " non esiste?) e, per liberarsene, ricorre al vecchio metodo dell'iconoclastia: distruggere un'immagine per modificare la realtà. "Va', va', povero untorello, non sarai tu quello che spianta Milano".

LA CONGRUA E L'INCONGRUO
Meno male che, sia pure con ritardo, si è corretto (ma non in modo esplicito). Su La Repubblica di sabato 8, a un paio di lettori che si lamentavano del meccanismo dell'8 per mille, Corrado Augias aveva risposto che «ogni contribuente che non abbia espressamente indicato una diversa destinazione, vedrà automaticamente assegnare alla Chiesa cattolica quella cifra del suo reddito». Errore o bugia? La "laicità alla Augias" gioca, come minimo, brutti scherzi ai suoi praticanti. Per fortuna e lodevolmente, in una seconda risposta sul medesimo tema (venerdì 14), Augias si è corretto, glissando però sulla prima, e ha citato la legge 225/85: «In caso di scelta non espressa [...] la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse». Della vecchia "congrua", definita come «uno stipendio» dello Stato ai preti, ha però taciuto che costituiva un risarcimento dell'Italia per i danni incalcolabili causati alla Chiesa dalla conquista militare dei territori degli Stati Pontifici e dalla confisca, con le "leggi eversive" del 1866 e '67, degli Enti Ecclesiastici e del loro consistente patrimonio.

FIOR DA FIORI
Dall'Unità. Un titolo di lunedì 3: «Il comunismo spiegato ai malati di mente». Giusto, solo a loro è possibile spiegarlo. Mercoledì 5: in vista della Festa della Mamma, il giornale la festeggia «pensando che 50 milioni di donne partoriscono senza assistenza professionale e magari senza alcun controllo durante il puerperio». Non ricorda i 40 milioni di mamme che in tutto il mondo abortiscono con o senza analoga assistenza. Stesso giorno: «La papessa e la scrittrice. Le donne fanno la storia». Veramente la papessa è tutto fuorché storia.

LA CAPITANA
Da Libero (giovedì 13): «Nel giorno dell'insediamento» Emma Bonino lascia il seggio in Consiglio regionale. Il capitano è il primo ad abbandonare la nave che affonda.
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