«Bibliodiversità»: come essere editori imparando a scegliere bene fra i libri?
sabato 12 gennaio 2008
A chi si interessa di editoria e di libri consiglio l'ultimo numero della rivista "Il Verri" (n. 35, euro 15) quasi interamente dedicato alla "bibliodiversità" e alla sua difesa. Si comincia con due testi di allarme e di battaglia. Il primo è la "Dichiarazione Internazionale Editori Indipendenti per la Tutela e la Promozione della Bibliodiversità", redatta a Parigi nel luglio 2007 e firmata da circa ottanta editori di tutti i continenti, dove leggiamo: «La bibliodiversità, la diversità culturale del libro, è in pericolo (") La standardizzazione dei contenuti è in agguato. La ricerca del profitto spinge l'editoria verso una mercificazione che non è compatibile con la creazione e la diffusione di prodotti culturali, mentre il libro dovrebbe essere un bene pubblico».
Il secondo testo è intitolato «La piccola editoria come bastone fra le ruote» ed è stato scritto da André Schiffrin, che dopo aver lavorato per decenni con la Pantheon Books di New York, se ne è andato quando la casa editrice è stata inglobata in una più vasta concentrazione editoriale interessata soprattutto agli incassi. Schiffrin comincia con un attacco all'amministrazione di George W. Bush, che ha creato un sistema di autocensura sia nei mass media che nell'editoria: «nessuna delle case editrici appartenenti ai gruppi più importanti - le prime cinque conglomerate controllano l'80% dei libri a grande diffusione - ha pubblicato un solo libro critico sulla guerra e sulla politica estera di Bush».
Seguono una ventina di interviste a editori italiani e stranieri e un dibattito fra i redattori della rivista. Qui la "biodiversità" dei pareri è notevole. Il dato più ovvio (ma anche fondamentale) è che troppi libri di valore non si trovano e non si vedono in libreria. I nostri librai sono perlopiù pigri e poco colti. Ma forse (dice qualcuno) la nostra editoria è la migliore e più varia del mondo. Traduciamo molto e meglio degli altri. Il problema è l'eccesso di buoni libri, sono i lettori che mancano. L'editoria avrebbe bisogno di sovvenzioni pubbliche. Però è meglio se ce la fa da sola e fa quadrare i conti"
In conclusione, direi, resta un problema: ci sono gli autori e gli editori, ma chi produrrà i lettori? Dove si impara a scegliere e leggere libri? In famiglia? A scuola? Consultando gli inserti culturali dei giornali?
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