giovedì 22 gennaio 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
​La maestra di cui vorrei parlare in questo numero non incontra molta simpatia negli alunni della sua classe, anche se insegna con competenza e passione la matematica, le scienze e l’informatica. Urlatrice – la chiameremo così per mantenere l’anonimato – è giovane ed elegante. A guardarla camminare con passo sicuro sembra un soldatino prussiano che marcia mettendo tutti in riga sull’attenti, richiama al silenzio strillando per l’appunto: «Silenzio!!!», minaccia punizioni, somministra consegne con un tono di voce alto e severo. In aggiunta, quando non strilla, parla, parla, parla in continuazione, come una radio sempre accesa e, se qualche piccoletto la contraddice o fa il monello, ecco che le si drizzano i capelli, aggrotta la fronte, sgrana gli occhi e furibonda caccia un urlo che si sente perfettamente anche nei corridoi. Risultato? Gli scolari si spaventano, aumenta l’ansia, la loro mente si annebbia, non capiscono più la lezione e non vanno più a scuola volentieri.   Sono ancora tante, purtroppo, le maestre urlatrici per vocazione o insicurezza che abitano le aule delle nostre scuole. Voi bambini le temete e, quando potete, le evitate e ve ne state alla larga attraverso la fuga difensiva. Ma se, malauguratamente, è la vostra insegnante ad alzare spesso la voce anche per un nonnulla, allora accade che prima o poi vi abituate e non fate più caso alle sue invettive, oppure a poco a poco imparate anche voi ad urlare perché diventa naturale imitare i grandi. Se gli adulti – insegnanti, ma anche mamme e papà – che per abitudine alzano spesso il volume, capissero che urlare non serve a niente, forse imparerebbero ad avere cura della voce, strumento prezioso per comunicare emozioni, risolvere in modo positivo i conflitti, creare relazioni serene.   Confesso che anche a me, soprattutto all’inizio della mia carriera, è capitato a volte di perdere la pazienza e alzare i toni per richiamare l’attenzione.   Allora non sapevo che per ottenere l’ascolto e guadagnare la vostra fiducia, occorre fare proprio il contrario: abbassare il tono, parlare sottovoce, oppure utilizzare la comunicazione non verbale ricca di gesti. Magari praticare insieme il sorriso e ogni tanto vivere esperienze di silenzio attivo a contatto con la natura. “Urlare non serve a nulla” (Bur editore) è il titolo di un bel libro di Daniele Novara che spiega ai genitori come gestire i conflitti con i figli, farsi ascoltare e guidarli nella crescita. Anni fa il grande educatore francese Célestin Freinet metteva in guardia i maestri del suo tempo contro le urla e la “scuola della saliva”.  Pensiamoci, anche oggi
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: