venerdì 29 gennaio 2016
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​Sostiamo in riva al mare: la brezza ci accarezza il volto e il sole riflette i suoi raggi sulla superficie increspata dell’acqua mentre immaginiamo creature docili e armoniose che abitano tra le onde e le profondità. In pochi altri posti è possibile provare questa stessa sensazione di serenità e sentirsi in pace con l’intero creato. Ma il Leviatan? O il mostruoso Rahab? E che dire del Behemot, la bestia simile a un ippopotamo? Sono queste le creature di cui parlano i testi biblici, per i quali il mare in realtà è un abisso pericoloso, un simbolo del lato oscuro del creato. Anzi: esso è proprio una vera minaccia per il mondo umano, tanto che solo Dio, il creatore, può tenerlo a bada. Il mare Mediterraneo nell’immaginario degli abitanti della Palestina antica è il grande mistero che si estende a occidente, un pericolo da cui stare lontani. E in effetti a quel tempo la navigazione era davvero un’avventura piena di ostacoli nella quale il popolo d’Israele preferì imbarcarsi il meno possibile. L’unica volta che si trovò ad attraversare un mare fuggendo dall’Egitto in realtà lo fece camminando, grazie all’intervento divino, l’unico in grado di comandare alle acque del mar Rosso di dividersi. Una scena che ricorda l’episodio narrato al capitolo 4 del Vangelo di Marco, dove Gesù calma il vento e le onde che minacciano la barca in cui si trova con gli apostoli: dice al mare «taci, calmati» e quello obbedisce. E questo racconto che ci ricorda ancora una volta come di fatto anche un «piccolo mare», come il lago di Galilea, suscitasse a quel tempo un certo timore. Eppure questa paura delle acque nel panorama della letteratura di tutti i tempi ha prodotto alcune delle pagine più belle dedicate al mare: basta leggere la descrizione della tempesta ai versetti 23-30 del Salmo 107, con le onde che «salivano fino al cielo, scendevano negli abissi». E poi c’è quello sfortunato di Giona, che il Signore voleva come suo profeta: ebbe la malaugurata idea di scappare a ovest, imbarcandosi e trovandosi nel bel mezzo del maltempo e poi nella pancia di un enorme pesce. Ma c’è un’eccezione: il Salmo 104 parla del mare come di un luogo sereno. «Ecco il mare spazioso e vasto – scrive il salmista – là rettili e pesci senza numero, animali piccoli e grandi; lo solcano le navi e il Leviatàn che tu hai plasmato per giocare con lui». Alla fine anche gli abissi marini, questo «lato oscuro» della creazione, diventano un luogo dalla bellezza estrema, se guardati con gli occhi di Dio.
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