domenica 24 marzo 2019
Monsignor Dal Cin presenta le motivazioni per cui papa Francesco domani firmerà fuori del Vaticano e proprio nel Santuario marchigiano la Lettera post-sinodale ai giovani
Monsignor Dal Cin (Foto Giorgio Boato)

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Loreto casa del “sì”. Quindi della risposta a una vocazione. Quindi, automaticamente, «casa dei giovani». Come giovane era Maria che in quella casa ha abitato. L’arcivescovo Fabio Dal Cin – 54 anni, dal 2017 prelato di Loreto – presenta così le motivazioni per cui papa Francesco domani firmerà fuori del Vaticano e proprio nel Santuario marchigiano la Lettera post-sinodale ai giovani. Scelta storica che conferma, tra l’altro, la linea dei suoi predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i quali avevano scelto Loreto come luogo di memorabili incontri con la gioventù italiana ed europea. «Quelle pietre – sottolinea – testimoniano che Dio vuole fare casa con l’umanità. E che una giovane donna gli ha aperto la vita per accoglierlo. Anche i giovani di oggi sono invitati a fare propria questa dinamica e riprodurla nella loro vita. Il messaggio per loro è proprio questo: il disegno di Dio sulla nostra vita è sempre più bello e affascinante di quanto noi possiamo immaginare. Maria aveva già detto un “sì” a san Giuseppe. Ma aprendosi al disegno di Dio ha avvalorato alla grande anche il “sì” detto a Giuseppe».

A che cosa ha pensato quando ha saputo della visita del Papa?
A san Giovanni XXIII che venne a Loreto per affidare a Maria l’esito felice del Concilio Vaticano II. Papa Francesco viene ad affidare il cammino sinodale sui giovani e questa lettera che è l’indirizzo di lavoro pastorale e di impegno apostolico verso le giovani generazione. Secondo me c’è una felice analogia, anche perché tutto arriva ai giovani tramite Maria, madre e maestra.

In attesa di leggere la Lettera del Papa, secondo lei qual è il messaggio fondamentale del Sinodo?
È stato una grande occasione per la Chiesa di ascoltare, di confrontarsi, di parlare ai giovani, di mettersi in cammino con loro per raggiungerli dove vivono e nella condizione in cui si trovano e per guidarli verso Cristo. Una Chiesa attenta alla realtà giovanile e propositiva, perché sa di poter offrire quella pienezza di vita che alberga come desiderio nel cuore di ogni giovane.

Lei si è occupato spesso di vocazioni. È ancora attuale questa parola nella nostra società?
In effetti, per lo meno non è sempre usata correttamente. La vocazione è una chiamata di Dio che implica una risposta. Dobbiamo essere capaci di trasmettere ai giovani questa visione della vita, che implica scelte stabili e definitive. Per tutti i credenti. La vocazione non è qualcosa che riguarda solo preti, frati e suore. Ognuno di noi è chiamato a realizzare il dono della santità di Dio nella propria vita secondo percorsi e scelte che il Signore ci chiama a fare.

Francesco arriva dopo gli incontri dei giovani con san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Quindi possiamo definire il Santuario di Loreto la casa dei giovani?
Credo che le scelte dei Papi abbiamo messo in luce il carisma del Santuario di Loreto. In pratica il mistero di una casa dove la Madonna è stata concepita, è nata, ha vissuto, è stata preparata a dire il suo “sì” e dove c’è anche il giovane Gesù ha vissuto. Quindi la connessione tra la casa abitata da questi giovani speciali e i giovani è del tutto naturale. È questo il carisma del mistero che quelle pietre comunicano. E i Papi nelle loro scelte pastorali lo hanno evidenziato.

Sinodo, Gmg di Panama, ora la visita del Papa a Loreto. Eventi straordinari. Come raccordarli con la pastorale giovanile ordinaria?
La sfida è dare continuità, perché c’è rischio che dopo la preparazione e la celebrazione dei grandi eventi tutto vada in archivio. Invece ci sono grandi opportunità che emergono in queste circostanze e che non vanno sprecate.

Un Papa celebrerà la Messa nella Casa Santa dopo 162 anni. Che valore ha questo momento?
Francesco ha la spiritualità del pellegrino. Lo dimostra nei suoi viaggi. E dunque egli vuole vivere anche qui un’esperienza da pellegrino, anche e soprattutto con la celebrazione dell’Eucaristia in un contesto di sobrietà. Perché proprio questo è il registro del nostro Santuario: la semplicità e la sobrietà delle mura di una casa, che diventa anche un’indicazione di come vivere e trasmettere la fede oggi.

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