sabato 3 giugno 2017
Al Circo Massimo, in occasione del Giubileo d’Oro del Rinnovamento carismatico cattolico, che si conclude domenica con la Messa di Pentecoste
(Siciliani)

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Papa Francesco ha raggiunto, poco dopo le 17.30, il Circo Massimo per la Veglia di Pentecoste e la preghiera ecumenica, in occasione del Giubileo d’Oro del Rinnovamento carismatico cattolico, che si conclude domani, domenica, con la Messa di Pentecoste presieduta dal Pontefice in piazza San Pietro.

“Grazie per la testimonianza che date qui, oggi. Fa bene a tutti, fa bene anche a me”. Papa Francesco ha svolto un’ampia riflessione. Riferendosi al brano biblico della Pentecoste, ha detto: “Oggi siamo qui, come in un cenacolo, ma a cielo aperto, perché non abbiamo paura”. Il Papa ha proseguito, più volte interrotto dagli applausi, ricordando la natura ecumenica del movimento: “stringete legami di amicizia, di unità per la missione”; la missione di annunciare l’amore del Padre per tutti”. “Dimostrate – ha proseguito – che la pace è possibile, ma essa è possibile se siamo in pace tra noi”. Papa Bergoglio ha ricordato che “esistono differenze” tra le confessioni cristiane, ma “noi vogliamo essere una diversità riconciliata”, espressione che, ha ricordato, “non è mia ma di un luterano”. Francesco ha quindi parlato del Rinnovamento carismatico e pentecostale come di “una corrente di grazia”.


Durante il suo intervento alla Veglia di Pentecoste del Rinnovamento carismatico al Circo Massimo di Roma, Papa Francesco ha anche richiamato con forza il tema della carità, espressione della fede in Cristo, e si è poi soffermato sui “martiri di oggi, che sono ancora più numerosi di quelli del passato”.

A proposito delle attuali persecuzioni cui sono sottoposti “i cristiani delle diverse confessioni nel mondo”, il Papa ha parlato di un “ecumenismo del sangue”. Quindi una riflessione sui 50 anni del movimento carismatico e pentecostale, “cammino da proseguire con maggiore consapevolezza e coraggio”. Papa Francesco ha poi sottolineato la positività di una preghiera “gioiosa”: “o il cristiano – ha detto – sperimenta la gioia nel suo cuore è c’è qualcosa che non va”. “Non dimenticate mai – ha concluso – il lieto annuncio” del vangelo”.


Sul palco, insieme al Papa, i leader del Rinnovamento carismatico e i rappresentanti delle chiese evangeliche, pentecostali e di altre confessioni religiose. L’incontro è stato preceduto da canti, letture e testimonianze, e introdotto dalle meditazioni di padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, e del pastore Giovanni Traettino della Chiesa evangelica della riconciliazione.

Cantalamessa: «Uniti nella carità»

“Dobbiamo vedere in che cosa consiste la via carismatica all’unità. San Paolo ha tracciato alla Chiesa questo programma: Fare la verità con la carità’ (Ef 4, 15). " Ha detto padre Cantalamessa alla veglia.

“Quello che dobbiamo fare non è scavalcare il problema della fede e delle dottrine, per ritrovarci uniti sul fronte dell’azione comune dell’evangelizzazione. L’ecumenismo – ha proseguito padre Cantalamessa – ha sperimentato, ai suoi inizi, questa via e ne ha costatato il fallimento. Le divisioni riemergono ben presto, inevitabilmente, anche sul fronte dell’azione. Non dobbiamo sostituire la carità alla verità, ma piuttosto tendere alla verità con la carità; cominciare ad amarci per meglio comprenderci”. “La cosa straordinaria, circa questa via ecumenica basata sull’amore, e che essa è possibile subito, è tutta aperta davanti a noi. Non possiamo ‘bruciare le tappe’ circa la dottrina, perché le differenze ci sono e vanno risolte con pazienza, nelle sedi appropriate. Possiamo però bruciare le tappe nella carità, ed essere uniti, fin d’ora. È l’unico “debito” che abbiamo gli uni verso gli altri. Le differenze non possono essere una scusa per non farlo”. Cantalamessa ha proseguito: “Cristo non ci ha comandato di amare solo quelli che la pensano come noi, che condividono interamente il nostro credo. Se amate solo costoro, ci ha ammonito, che fate di speciale che non facciano anche i pagani? Noi possiamo accoglierci l’un l’altro perché quello che già ci unisce è infinitamente più importante di quello che ancora ci divide”.

“Ci unisce la stessa fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo; Gesù Signore, vero Dio e vero uomo; la comune speranza della vita eterna, il comune impegno per l’evangelizzazione, il comune amore per il corpo di Cristo che e la Chiesa. Ci unisce anche un’altra cosa: la comune sofferenza e il comune martirio per Cristo. In tante parti del mondo, i credenti delle diverse Chiese stanno condividendo le stesse sofferenze, sopportando lo stesso martirio per Cristo. Essi non vengono perseguitati e uccisi perché cattolici, anglicani, pentecostali o altro, ma perché ‘cristiani’. Agli occhi del mondo noi siamo già una cosa sola, ed è una vergogna se non lo siamo davvero, anche nella realtà”. Ma “come fare, in concreto, per mettere in pratica questo messaggio di unità e d’amore? Ripensiamo all’inno alla carità di san Paolo. Ogni sua frase acquista un significato attuale e nuovo, se applicata all’amore tra membri delle diverse Chiese cristiane, nei rapporti ecumenici”. “Beato quel servo – diceva san Francesco d’Assisi in una delle sue Ammonizioni – che si rallegra del bene che Dio fa per mezzo degli altri, come se lo facesse per mezzo suo. Noi possiamo dire: Beato quel cristiano che è capace di rallegrarsi del bene che Dio fa per mezzo di altre Chiese, come per il bene che fa per mezzo della propria Chiesa”.








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