lunedì 24 febbraio 2014
​Seguire Gesù non è “un’idea” ma un “continuo rimanere a casa”, la Chiesa, dove Cristo riporta sempre chiunque, anche chi se ne è allontanato.
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Seguire Gesù non è “un’idea” ma un “continuo rimanere a casa”, la Chiesa, dove Cristo riporta sempre chiunque, anche chi se ne è allontanato. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa di questa mattina, nella cappella di Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis della Radio Vaticana. Un ragazzo preso da convulsioni che si rotola a terra schiumando, in un mezzo a una folla sconvolta e inerme. E suo padre che quasi si aggrappa a Gesù, implorandolo di liberare suo figlio dalla possessione diabolica. È il dramma con cui apre il Vangelo di oggi e che Papa Francesco considera punto per punto: il cicaleccio degli astanti, che discutono senza costrutto, Gesù che arriva e si informa, “il chiasso che viene meno”, il padre angosciato che emerge dalla folla e decide contro ogni speranza di sperare in Gesù. E Gesù, che mosso a pietà dalla fede cristallina di quel papà, scaccia lo spirito e poi si china con dolcezza sul giovane, che pare morto, aiutandolo a rialzarsi: “Tutto quel disordine, quella discussione finisce in un gesto: Gesù che si abbassa, prende il bambino. Questi gesti di Gesù ci fanno pensare. Gesù quando guarisce, quando va tra la gente e guarisce una persona, mai la lascia sola. Non è un mago, uno stregone, un guaritore che va e guarisce e continua: ad ognuno lo fa tornare al suo posto, non lo lascia per strada. E sono gesti bellissimi del Signore”. Ecco l’insegnamento, spiega Papa Francesco: “Gesù – afferma – sempre ci fa tornare a casa, mai ci lascia sulla strada da soli”. Il Vangelo, ricorda, è disseminato di questi gesti. La risurrezione di Lazzaro, la vita donata alla figlia di Giairo e quella al ragazzo di una mamma vedova. Ma anche la pecora smarrita riportata all’ovile o la moneta perduta e ritrovata dalla donna: “Perché Gesù non è venuto dal Cielo solo, è Figlio di un popolo. Gesù è la promessa fatta a un popolo e la sua identità è anche appartenenza a quel popolo, che da Abramo cammina verso la promessa. E questi gesti di Gesù ci insegnano che ogni guarigione, ogni perdono sempre ci fanno tornare al nostro popolo, che è la Chiesa”. Gesù perdona sempre e i suoi gesti – prosegue Papa Francesco – diventano anche “rivoluzionari”, o “inesplicabili”, quando il suo perdono raggiunge chi si è allontanato “troppo”, come il pubblicano Matteo o il suo collega Zaccheo. Inoltre, ripete Papa Francesco, Gesù sempre, “quando perdona, fa tornare a casa. E così non si può capire Gesù" senza il popolo di Dio. È “un’assurdità amare Cristo, senza la Chiesa, sentire Cristo ma non la Chiesa, seguire Cristo al margine della Chiesa”, ribadisce Papa Francesco citando e parafrasando una volta ancora Paolo VI. “Cristo e la Chiesa sono uniti”, e “ogni volta che Cristo chiama una persona, la porta alla Chiesa”. Per questo, soggiunge, “è bene” che un bambino “venga a battezzarsi nella Chiesa”, la “Chiesa madre”: “E questi gesti di tanta tenerezza di Gesù ci fanno capire questo: che la nostra dottrina, diciamo così, o il nostro seguire Cristo, non è un’idea, è un continuo rimanere a casa. E se ognuno di noi ha la possibilità e la realtà di andarsene da casa per un peccato, uno sbaglio – Dio sa – la salvezza è tornare a casa, con Gesù nella Chiesa. Sono gesti di tenerezza. Uno a uno, il Signore ci chiama così, al suo popolo, dentro la sua famiglia, la nostra madre, la Santa Chiesa. Pensiamo a questi gesti di Gesù”.
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