venerdì 8 marzo 2019
Il discorso di Francesco ai partecipanti dalla Conferenza internazionale sulle religioni e gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, ricevuti in udienza
Il Papa: «L’ingiustizia che fa piangere terra e poveri non è invincibile»
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Papa Francesco auspica “risposte concrete al grido della terra e al grido dei poveri”. Lo fa ricevendo oggi in udienza i partecipanti alla Conferenza Internazionale “Religions and the Sustainable Development Goals (SDGs): Listening to the cry of the earth and of the poor”, promossa dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e dal pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, in corso in Vaticano dal 7 al 9 marzo. Lo fa con un incoraggiamento “a continuare a lottare per il cambiamento che le circostanze attuali richiedono, perché l’ingiustizia che fa piangere la terra e i poveri non è invincibile”.

Il Pontefice invita i partecipanti al Convegno a sostenere “impegni concreti per promuovere uno sviluppo reale in modo sostenibile attraverso processi aperti alla partecipazione delle persone”. A studiare “proposte concrete per facilitare lo sviluppo di chi è nel bisogno”, avvalendosi di quella che il papa Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in Veritate ha ravvisato come “la possibilità di una grande ridistribuzione della ricchezza a livello planetario come in precedenza non era mai avvenuto”. A indicare “politiche economiche concrete che siano incentrate sulla persona e che possano promuovere un mercato ed una società più umani”. A calibrare “misure economiche concrete che prendano seriamente in considerazione la nostra casa comune”. Ad assumere insomma “impegni etici, civili e politici concreti per svilupparsi al fianco della nostra sorella terra, e non malgrado essa”.

Nel suo discorso papa Francesco ricorda che “quando parliamo di sostenibilità, non possiamo trascurare l’importanza dell’inclusione e dell’ascolto di tutte le voci, specialmente di quelle normalmente emarginate da questo tipo di discussioni, come quelle dei poveri, dei migranti, degli indigeni e dei giovani”. E rimarca che l’Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, approvati da oltre 190 nazioni nel settembre 2015, “sono stati un grande passo avanti per il dialogo globale”, nel segno della necessaria “nuova solidarietà universale” auspicata nell’enciclica Laudato si’. Infatti diverse tradizioni religiose, “compresa quella cattolica”, hanno accolto “gli obiettivi di sviluppo sostenibile perché sono il risultato di processi partecipativi globali che, da un lato, riflettono i valori delle persone e, dall’altro, sono sostenuti da una visione integrale dello sviluppo”.

Papa Francesco quindi puntualizza che proporre un dialogo su uno sviluppo inclusivo e sostenibile richiede anche di riconoscere che “sviluppo” è “un concetto complesso, spesso strumentalizzato”. Infatti “per troppo tempo l’idea convenzionale di sviluppo è stata quasi interamente limitata alla crescita economica”. Così gli indicatori di sviluppo nazionale si sono basati sugli indici del prodotto interno lordo, sul PIL. E questo “ha guidato il sistema economico moderno su un sentiero pericoloso, che ha valutato il progresso solo in termini di crescita materiale, per il quale siamo quasi obbligati a sfruttare irrazionalmente sia la natura sia gli esseri umani”.

Citando l’enciclica Populorum Progressio di san Paolo VI, papa Francesco ricorda invece che “parlare di sviluppo umano significa riferirsi a tutte le persone – non solo a pochi – e all’intera persona umana – non alla sola dimensione materiale –“. Ecco quindi che “una fruttuosa discussione sullo sviluppo dovrebbe offrire modelli praticabili di integrazione sociale e di conversione ecologica, perché non possiamo svilupparci come esseri umani fomentando crescenti disuguaglianze e il degrado dell’ambiente”.

Papa Francesco si rallegra in particolare che i partecipanti alla Conferenza “sono disposti ad ascoltare le voci religiose quando discutono sull’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile”. E ricorda che l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite “propone di integrare tutti gli obiettivi attraverso le cinque P : persone, pianeta, prosperità, pace e partnership”. “Accolgo con favore questa impostazione integrata degli obiettivi; - afferma il Pontefice - essa può servire anche a preservare da una concezione della prosperità basata sul mito della crescita e del consumo illimitati (cfr Enc. Laudato si’, 106), per la cui sostenibilità dipenderemmo solo dal progresso tecnologico”. Infatti gli obiettivi economici e politici da soli non bastano, ma “devono essere sostenuti da obiettivi etici, che presuppongono un cambiamento di atteggiamento, la Bibbia direbbe un cambiamento di cuore”. È necessaria quindi quella “conversione ecologica” già prefigurata da san Giovanni Paolo II in una sua Catechesi del 17 gennaio 2001. E “qui le religioni hanno un ruolo chiave da svolgere”. Infatti “per una corretta transizione verso un futuro sostenibile, occorre riconoscere ‘i propri errori, peccati, vizi o negligenze’, occorre ‘pentirsi di cuore, cambiare dal di dentro’, per essere riconciliati con gli altri, con la creazione e con il Creatore”. E così “se vogliamo dare basi solide al lavoro dell’Agenda 2030, dobbiamo respingere la tentazione di cercare una risposta semplicemente tecnocratica alle sfide, essere disposti ad affrontare le cause profonde e le conseguenze a lungo termine”.

Un pensiero speciale papa Francesco lo rivolge infine alle popolazioni indigene, che “sebbene rappresentino solo il 5% della popolazione mondiale” si prendono cura “di quasi il 22% della superficie terrestre”. Per questo “la loro voce e le loro preoccupazioni dovrebbero essere al centro dell’attuazione dell’Agenda 2030 e al centro della ricerca di nuove strade per un futuro sostenibile”. “Ne discuterò anche con i miei fratelli Vescovi al Sinodo della Regione Panamazzonica, alla fine di ottobre di quest'anno”, assicura il Pontefice.

Il discorso del Papa è accompagnato in nota, da una riflessione sulla necessità di “mettere completamente in discussione” un modello di sviluppo in cui “a causa delle disuguaglianze nella distribuzione del potere, il peso di debiti immensi viene scaricato sulle spalle dei poveri e dei Paesi poveri”, in cui “ disoccupazione è diffusa nonostante l’espansione dei commerci”, o in cui “le persone vengono semplicemente trattate come un mezzo per la crescita di altri”. “Allo stesso modo, - aggiunge il Pontefice - quando in nome del progresso distruggiamo la fonte dello sviluppo, la nostra casa comune, allora il modello dominante deve essere chiamato in causa”. Così “mettendo in discussione tale modello e rivisitando l’economia mondiale, gli interlocutori di un dialogo sullo sviluppo dovrebbero essere in grado di trovare un sistema globale economico e politico alternativo”. Tuttavia, affinché ciò accada, sottolinea papa Francesco, “dobbiamo affrontare le cause della distorsione dello sviluppo, ossia ciò che nella dottrina sociale cattolica recente va sotto il nome di ‘peccati strutturali’”. Quindi “denunciare tali peccati è già un buon contributo che le religioni danno alla discussione sullo sviluppo del mondo”. Ma accanto alla denuncia, è necessario “anche proporre alle persone e alle comunità delle vie praticabili di conversione”.

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