lunedì 14 aprile 2014
Non state diventando “funzionari di un’azienda”, ma “pastori ad immagine di Gesù”. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai seminaristi del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, fondato nel 1897 da Leone XIII e che forma i futuri sacerdoti della regione Lazio. Dal Papa, in un intervento più volte a braccio, anche un severo richiamo a quei pastori che “pascolano se stessi e non il gregge”.
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Non state diventando “funzionari di un’azienda”, ma “pastori ad immagine di Gesù”. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai seminaristi del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, fondato nel 1897 da Leone XIII e che forma i futuri sacerdoti della regione Lazio. Dal Papa, in un intervento più volte a braccio, anche un severo richiamo a quei pastori che “pascolano se stessi e non il gregge”. I seminaristi hanno partecipato all’udienza dopo un pellegrinaggio a piedi, definito dal Papa un “simbolo molto bello del cammino” da percorrere nell’amore di Cristo. Trasformare i “progetti vocazionali in feconda realtà apostolica”. Papa Francesco ha sintetizzato così il compito del Leoniano, come di tutti i seminari ed ha messo l’accento sull’“atmosfera evangelica”, che “consente a quanti vi si immergono di assimilare giorno per giorno i sentimenti di Gesù Cristo, il suo amore per il Padre e per la Chiesa, la sua dedizione senza riserve al Popolo di Dio”. Ed ha indicato nella "preghiera, studio, fraternità e vita apostolica" i "quattro pilastri della formazione": “Voi, cari seminaristi, non vi state preparando a fare un mestiere, a diventare funzionari di un’azienda o di un organismo burocratico. Abbiamo tanti, tanti preti a metà cammino ... Un dolore, che non sono riusciti ad arrivare al cammino completo; hanno qualcosa dei funzionari, qualche dimensione burocratica e questo non fa bene alla Chiesa. Mi raccomando, state attenti a non cadere in questo! Voi state diventando pastori ad immagine di Gesù Buon Pastore, per essere come Lui e in persona di Lui in mezzo al suo gregge, per pascere le sue pecore”. “Di fronte a questa vocazione – ha detto – noi possiamo rispondere come la Vergine Maria all’angelo: ‘Come è possibile questo?’”. Diventare “buoni pastori” ad immagine di Gesù, ha osservato Francesco, “è una cosa troppo grande, e noi siamo tanto piccoli”, ma in realtà “non è opera nostra”, “è opera dello Spirito Santo, con la nostra collaborazione”: “Si tratta di offrire umilmente sé stessi, come creta da plasmare, perché il vasaio, che è Dio, la lavori con l’acqua e il fuoco, con la Parola e lo Spirito. Si tratta di entrare in quello che dice san Paolo: ‘Non vivo più io, ma Cristo vive in me’ (Gal 2,20). Solo così si può essere diaconi e presbiteri nella Chiesa, solo così si può pascere il popolo di Dio e guidarlo non sulle nostre vie, ma sulla via di Gesù, anzi, sulla Via che è Gesù”. E’ vero, ha detto il Papa, “che all’inizio, non sempre c’è una totale rettitudine di intenzioni”, aggiungendo che “è difficile che ci sia”:“Tutti noi sempre abbiamo avuto queste piccole cose che non erano di rettitudine di intenzione, ma questo col tempo si risolve con la conversione di ogni giorno. Ma pensiamo agli apostoli! Pensate a Giacomo e Giovanni, che uno voleva diventare il primo ministro e l’altro il ministro dell’economia, perché era più importante. Gli apostoli ... pensavano un’altra cosa e il Signore con tanta pazienza ... ha fatto la correzione dell’intenzione e alla fine era tanta la loro rettitudine dell’intenzione che hanno dato la vita nella predicazione e nel martirio". Il Papa ha sottolineato così l’importanza di “meditare ogni giorno il Vangelo, per trasmetterlo con la vita e la predicazione”. E ancora, “sperimentare la misericordia di Dio nel sacramento della Riconciliazione, e questo non lasciarlo mai". "Confessarsi sempre!", ha esortato, e "così diventerete ministri generosi e misericordiosi perché sentirete la misericordia di Dio su di voi per diventare ministri generosi e misericordiosi”. Essere buoni pastori, ha detto, “significa cibarsi con fede e con amore dell’Eucaristia, per nutrire di essa il popolo cristiano”, “significa essere uomini di preghiera, per diventare voce di Cristo che loda il Padre e intercede continuamente per i fratelli”. Se voi “non siete disposti a seguire questa strada, con questi atteggiamenti e queste esperienze – ha ammonito il Papa – è meglio che abbiate il coraggio di cercare un’altra strada”: “Ci sono molti modi, nella Chiesa, di dare testimonianza cristiana e tante strade che portano alla santità anche. Nella sequela ministeriale di Gesù non c’è posto per la mediocrità, quella mediocrità che conduce sempre ad usare il santo popolo di Dio a proprio vantaggio. Guai ai cattivi Pastori che pascolano se stessi e non il gregge! – esclamavano i Profeti (cfr Ez 34,1-6), con quanta forza”. Agostino, ha detto il Papa, prende questa frase profetica nel suo De Pastoribus. “Guai ai cattivi pastori – ha ammonito il Papa – perché il seminario, diciamo la verità non è un rifugio per tante limitazioni che possiamo avere, un rifugio di mancanze psicologiche o un rifugio perché non ho il coraggio di andare avanti nella vita e cerco lì un posto che mi difenda”:“No, non è quello. Se il vostro seminario fosse quello, diventerebbe un’ipoteca per la Chiesa! No, il seminario è proprio per andare avanti, avanti in questa strada e quando sentiamo i profeti dire ‘guai!’ che questo ‘guai!’ vi faccia riflettere seriamente sul vostro futuro. Pio XI una volta aveva detto che era meglio perdere una vocazione che rischiare con un candidato non sicuro. Era alpinista, conosceva queste cose”. Il Papa ha concluso il suo discorso affidando i seminaristi alla Vergine Maria. “I mistici russi – ha osservato – dicevano che nel momento delle turbolenze spirituali bisogna rifugiarsi sotto il manto della Santa Madre di Dio”. Uscire dunque, ma “coperti con il manto” di Maria.
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