Sono stati centinaia di migliaia i fedeli che hanno gremito il grande parco Simon Bolivar per partecipare alla prima messa di Papa Francesco in terra colombiana. In prima fila il presidente premio Nobel per la pace Juan Manuel Santos con la consorte, donna Maria Clemencia. Il pontefice prima di iniziare la cerimonia ha voluto salutare i presenti girando in lungo e in largo con la papamobile i settori della enorme spianata. Breve e intensa l’omelia, incentrata sul passo del Vangelo di San Luca del giorno ed attualizzata al contesto che sta vivendo il Paese latinoamericano.
In Colombia, ha sottolineato il vescovo di Roma, "moltitudini di uomini
e donne, bambini e anziani abitano una terra di inimmaginabile
fecondità , che potrebbe dare frutti per tutti". "Ma anche qui,
come in altre parti del mondo – ha continuato -, ci
sono fitte tenebre che minacciano e distruggono la vita".
Sono "le tenebre dell’ingiustizia e dell’inequità sociale; le
tenebre corruttrici degli interessi personali o di gruppo, che
consumano in modo egoista e sfrenato ciò che è destinato al
benessere di tutti; le tenebre del mancato rispetto per la vita
umana che miete quotidianamente l’esistenza di tanti innocenti,
il cui sangue grida al cielo; le tenebre della sete di vendetta
e di odio che macchia di sangue umano le mani di coloro che si
fanno giustizia da soli; le tenebre di coloro che si rendono
insensibili di fronte al dolore di tante vittime".
"Tutte queste
tenebre - ha aggiunto il Pontefice -, Gesù le disperde e le
distrugge con il suo comando sulla barca di Pietro: ‘Prendi il
largo’". Ma "gettare le reti comporta
responsabilità”. “A Bogotà e in
Colombia – ha proseguito attualizzando - si trova in cammino un’immensa comunità, che è chiamata
a diventare una rete robusta che raccolga tutti nell’unità,
lavorando per la difesa e la cura della vita umana,
particolarmente quando è più fragile e vulnerabile: nel seno
materno, nell’infanzia, nella vecchiaia, nelle condizioni di
disabilità e nelle situazioni di emarginazione sociale".
"Anche le moltitudini che vivono a Bogotà e in Colombia – ha spiegato il Pontefice -
possono diventare vere comunità vive, giuste e fraterne se
ascoltano e accolgono la Parola di Dio. In queste moltitudini
evangelizzate sorgeranno molti uomini e donne divenuti discepoli
che, con cuore veramente libero, possano seguire Gesù; uomini e
donne capaci di amare la vita in tutte le sue fasi, di
rispettarla, di promuoverla".
Al termine della celebrazione il Papa, nella tenda-sacrestia allestita accanto all’altare, ha salutato i due cardinali – l’arcivescovo di Caracas Jorge L. Urosa Savino e quello di Merida, Baltazar E. Porras Cardoso - e tre vescovi venezuelani: l’ausiliare della capitale Jesus Gonzalez de Zarate e il primo e il secondo vicepresidente dell’episcopato, i vescovi di San Cristobal e di Barinas.
In Venezuela, ha spiegato il cardinale Urosa prima dell’incontro, “ci sono gravissimi problemi umanitari perché manca il cibo e mancano le medicine. Abbiamo la più alta inflazione al mondo. Una situazione realmente disperata. Ci sono persone che mangiano rifiuti e ci sono persone che muoiono perché non ci sono farmaci. Così vogliamo ricordare al Papa questo ancora una volta e specialmente la graveissima situazione politica a causa del fatto che il governo sta facendo tutto il possibile per stabilire un sistema totalitario e marxista, che ha fallito in tutto il mondo”.
“Questa situazione politica – ha aggiunto l’arcivescovo di Caracas - sta diventando ogni giorno più grave. Il Santo Padre ne è consapevole ma noi vogliamo ricordarlo di nuovo per vedere quello che il Papa può fare per aiutare il popolo venezuelano”. Da parte sua il cardinale Porras ha specificato che l’incontro di ieri sera “è stato richiesto dal Santo Padre”. “Egli – ha continuato - conosce bene quale sia la situazione e penso che questo incontro sia un vero dono, un regalo, che il Papa fa a tutto il popolo venezuelano tramite i vescovi che sono qui”.
La messa nel Parco Simon Bolivar è stato l’ultimo gesto della della prima giornata completa del viaggio di Papa Francesco in Colombia. Giornata tutta dedicata a Bogotà, la grande metropoli con oltre otto milioni di abitanti, sede del potere politico, della più importante diocesi del Paese (l’unica guidata da un cardinale) e degli organi centrali del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). Giornata dedicata al tema “artigiani della pace e promotori della vita”.
Il primo appuntamento del Pontefice è stato nella Plaza de Armas antistante il palazzo presidenziale, la Casa de Nariño, dove successivamente ha avuto un’udienza privata con il capo dello stato, Juan Manuel Santos. Qui ha incontrato le autorità civili e nel discorso, applaudito più volte, ha esaltato la Colombia per la sua “biodiversità”, per la cultura “esuberante” e per la “qualità umana della sua gente”. Poi ha voluto esprimere “apprezzamento per gli sforzi compiuti, negli ultimi decenni, per porre fine alla violenza armata e trovare vie di conciliazione”.
Nessun riferimento esplicito all’accordo stipulato tra governo e guerriglieri delle Farc nel 2016 - che ha polarizzato il Paese ed è stato rigettato di misura in un referendum - ma il riconoscimento che “nell’ultimo anno si è progredito in modo particolare” e che “i passi avanti fanno crescere la speranza”, esigendo “l’impegno di tutti”. Di qui l’invito a “rifuggire da ogni tentazione di vendetta e ricerca di interessi solo particolari”. “Quanto più difficile è il cammino che conduce alla pace e all’intesa – ha insistito Papa Francesco – tanto più impegno dobbiamo mettere nel riconoscere l’altro, sanare le ferite e costruire ponti”.
Il Pontefice ha invocato la promulgazione di “leggi giuste” che risolvano “le cause strutturali della povertà che generano esclusione e violenza”. E ha incoraggiato a “rivolgere lo sguardo a tutti coloro che oggi sono esclusi ed emarginati dalla società”. Infatti “tutti siamo necessari per creare e formare la società”. Perché la società “non si fa solo con alcuni di ‘sangue puro’”, con un riferimento implicito ma chiaro a quelle poche centinaia di famiglie di discendenza coloniale che storicamente detengono il potere effettivo del Paese.
Il Papa ha quindi ribadito l’impegno della Chiesa per “il sacro rispetto della vita umana, soprattutto la più debole e indifesa”, invitando le autorità civili ad ascoltare “i poveri” e “quelli che soffrono”. E ha citato il “gran compatriota” Gabriel Garcia Marquez che evocò la possibilità di “una nuova e travolgente utopia della vita”. Il premio Nobel della letteratura è stato ripreso anche nel discorso rivolto ai vescovi della Colombia raccolti nel Palazzo cardinalizio di Bogotà. In precedenza nella attigua cattedrale il Papa, visibilmente commosso, ha pregato per alcuni lunghissimi minuti davanti il quadro di ‘Nuestra Señora del Rosario de Chiquinquirá’, ‘regina e patrona del Paese’, appositamente portata lì per la visita apostolica.
Ai circa 130 presuli il successore di Pietro ribadito che il suo messaggio si pone “in continuità” con quanto “insegnato” dai suoi predecessori che hanno toccato il suolo colombiano, Paolo VI nel 1968 e Giovanni Paolo II nel 1986. A loro ha chiesto di contribuire alla riconciliazione, specificando che “non servono alleanze con una parte o con l’altra”, bensì “la libertà di parlare ai cuori di tutti”. A loro – tra l’altro - ha chiesto di pensare “alla difesa della vita dal seno materno alla sua fine naturale”, invitandoli “ad alzare serenamente la voce” contro il “narcotraffico” che precipita la società “in quella metastasi morale che mercanteggia l’inferno e semina dovunque la corruzione, e nello stesso tempo ingrassa i paradisi fiscali”. E non è mancato l’auspicio di un “rafforzamento” del “volto” specifico della “Chiesa in Amazzonia”.
Prima di incontrare i presuli, Papa Francesco ha parlato dal balcone del ‘Palazzo cardinalizio’, residenza dell’arcivescovo, il porporato Ruben Salazar Gomez, agli oltre ventimila giovani raccolti nella piazza Bolivar. Con un discorso accorato, arricchito da aggiunte a braccio accolte da grida di entusiasmo, li ha esortati a non lasciarsi “rubare” la gioia e a “sognare in grande”. Non solo . Ha riconosciuto loro la capacità di “riconoscere la sofferenza degli altri”, quella “non solo di giudicare” ma “di comprendere”, quella “di incontrarsi” e promuovere “la cultura dell’incontro”, quella di “perdonare coloro che ci hanno ferito”, quella di “risanare il nostro cuore”, quella di saper “scoprire” la Colombia “profonda”, e quella “costruire la nazione che abbiamo sempre sognato”.
La giornata dedicata a Bogotà è continuata nel pomeriggio (tarda serata da noi) con il citato incontro col Comitato esecutivo del Celam, avvenuto nella nunziatura dove il Papa ha pranzato. Nel suo discorso ampio e articolato il Pontefice ha rimarcato che "la speranza in America Latina ha
un volto giovane", "ha un volto femminile", e "passa attraverso il
cuore, la mente e le braccia dei laici".
A proposito dei giovani, ha sottolineato che "alcuni
riportano notizie sulla loro presunta decadenza e su quanto
siano assopiti, altri approfittano del loro potenziale come
consumatori, non pochi propongono loro il ruolo di manovalanza
dello spaccio e della violenza". "Non lasciatevi catturare da
simili caricature sui giovani - ha affermato -. Guardateli negli
occhi e cercate in loro il coraggio della speranza. Non è vero
che sono pronti a ripetere il passato. Aprite loro spazi
concreti nelle Chiese particolari a voi affidate, investite
tempo e risorse nella loro formazione. Proponete programmi
educativi incisivi e obiettivi da realizzare, chiedendo loro,
come i genitori chiedono ai figli, di mettere in atto le loro
potenzialità ed educando il loro cuore alla gioia della
profondità, non della superficialità".
Sul "ruolo della donna nel nostro continente e nella nostra
Chiesa", il Papa ha osservato che "dalle sue labbra abbiamo imparato la
fede; quasi con il latte del suo seno abbiamo acquisito i tratti
della nostra anima meticcia e l’immunità di fronte ad ogni
disperazione”. “Penso - ha continuato - alle madri indigene o ’morenas’, penso alle
donne delle città con il loro triplo turno di lavoro, penso alle
nonne catechiste, penso alle consacrate e alle così discrete
’artigiane’ del bene". Così è “un serio dovere comprendere, rispettare,
valorizzare, promuovere la forza ecclesiale e sociale di quanto
realizzano". "Se vogliamo una fase nuova e vitale
della fede in questo continente, non la otterremo senza le donne
- ha aggiunto il Pontefice -. Per favore, non possono essere
ridotte a serve del nostro recalcitrante clericalismo; esse
sono, invece, protagoniste nella Chiesa latinoamericana".
La lunga giornata di Papa Francesco a Bogotà si è conclusa con il rientro alla Nunziatura, dove ha avuto un toccante incontro con alcuni
gruppi di giovani e di disabili, che hanno anche inscenato per
lui canti e danze di tono tradizionale.
"Tante grazie - ha detto il Pontefice al termine, prima di
impartire la sua benedizione -. Tutti sono vulnerabili, tutti.Vi faccio una domanda: chi è l’unica persona che non è
vulnerabile? Dio è l’unico non vulnerabile, tutti gli altri lo
sono. L’essenza dell’umano è la necessità di essere sostenuto da
Dio. Grazie per la testimonianza che date. E non dimenticatevi
di pregare per me, perché anch’io sono vulnerabile".
Oggi il Papa si reca a Villavicencio dove beatificherà due martiri: il vescovo Jesus Emilio Jaramillo Monsalve e il sacerdote Pedro Maria Ramirez Ramos. Nel pomeriggio (quando in Italia è già notte), l’atteso grande incontro di preghiera per la riconciliazione nazionale.