martedì 6 novembre 2018
Nel Messaggio per la Giornata del 1° gennaio prossimo, l'attenzione al futuro della vita e del pianeta. Non c'è pace senza fiducia reciproca. E la fiducia si fonda sul rispetto della parola data
Papa Francesco circondato dall'affetto dei bambini (Ansa)

Papa Francesco circondato dall'affetto dei bambini (Ansa)

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La politica, quella “buona” almeno, ha lo sguardo lungo. Mentre cerca di interpretare la realtà quotidiana in cui è immersa, si preoccupa del domani, guarda al «futuro della vita e del pianeta», pensa ai «più giovani e ai più piccoli», si interroga su come dare risposte alla loro «sete di compimento».

Promettere solo quel che si può mantenere

Nel Messaggio, per la 52ª Giornata mondiale della pace che come ogni anno verrà celebrata il prossimo 1° gennaio, il Papa va alla radice dell’impegno per il bene comune. Una «missione» – spiega – che non può prescindere dal «salvaguardare il diritto» e dall’incoraggiare «il dialogo tra gli attori della società, tra le generazioni e tra le culture».
«La buona politica è al servizio della pace» questo il tema del Messaggio il cui testo sarà diffuso prossimamente. Una presa d’atto, meglio un richiamo, che mentre sottolinea come «la responsabilità politica appartenga a ogni cittadino» aggiunge che questo principio vale «in particolare per chi ha ricevuto il mandato di proteggere e governare». Spetta in primis a loro farsi carico di impegni, azioni, misure, in grado di rafforzare la comunità, di mettere in dialogo componenti anche molto distanti, di lavorare perché si comprendano tra loro. Lontano dai pregiudizi, nella fraternità. «Non c’è pace infatti senza fiducia reciproca» – sottolinea il breve commento diffuso dalla Sala stampa vaticana a corredo dell’annuncio del tema. «E la fiducia ha come prima condizione il rispetto della parola data». No alla vane promesse allora, quelle prefigurate già sapendo che non potranno essere mantenute. Sì ad azioni capaci di coinvolgere ogni attore sociale nella costruzione del bene comune.

La politica alta forma di carità

«Conforme alla propria vocazione – scrive Paolo VI nelle Lettera apostolica "Octogesima adveniens" il potere politico deve sapersi disimpegnare dagli interessi particolari per considerare attentamente la propria responsabilità nei riguardi del bene di tutti, superando anche i limiti nazionali. Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli - locale, regionale, nazionale e mondiale - significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità». La politica dunque come materia fragile e potente insieme, da non bistrattare in ossequio a logori luoghi comuni ma da rispettare sempre. Come vocazione e impegno. Come più alta forma di carità, per riprendere un’immagine di Montini citata spesso da papa Francesco, perentorio invece nel bocciare senza appello teorie, azioni, interventi pensati e realizzati solo per costruire muri, per far prevalere l’uno sull’altro, per rafforzare divisioni culturali, sociali, politiche. «Oggi sono di moda i populismi, che non hanno niente a che vedere con il “popolare“ – ha detto ancora il 6 ottobre scorso il Pontefice –: il popolare è la cultura del popolo, e la cultura del popolo si esprime nell’arte, si esprime nella festa: ogni popolo fa festa, a suo modo. Ma il populismo è il contrario: è la chiusura in un modello, “siamo chiusi, siamo noi soli”, e quando si è chiusi non si va avanti».

La lezione della Pacem in terris

Il Messaggio per la Giornata del 1° gennaio 2019 porta invece con sé i germogli buoni della comunità che si fonda sull’amicizia sociale, che valorizza le peculiarità, che si traduce in impegno personale e collettivo per il bene di tutti. «Quando l’uomo è rispettato nei suoi diritti – ricordava san Giovanni XXIII nell’enciclica "Pacem in terris" (1963) – germoglia in lui il senso del dovere di rispettare i diritti degli altri. I diritti e i doveri dell’uomo accrescono la coscienza di appartenere a una stessa comunità, con gli altri e con Dio (cfr ivi, 45)». Siamo pertanto chiamati – prosegue la nota della Sala stampa vaticana – «a portare e ad annunciare la pace come la buona notizia di un futuro dove ogni vivente verrà considerato nella sua dignità e nei suoi diritti».
Si tratta cioè di pensare in grande e soprattutto al plurale, Di non limitarsi all’oggi ma di disegnare autentiche prospettive di futuro, di alimentare – scrive papa Francesco nell'Evangelii gaudium – «un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo! La politica, tanto denigrata – prosegue l’Esortazione apostolica – è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune».

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