lunedì 25 novembre 2019
Nel colloquio privato con l'imperatore Francesco confessa di aver visto i genitori piangere per l'atomica su Hiroshima e Nagasaki
Il Papa celebra la Messa al Tokyo Dome (Ansa)

Il Papa celebra la Messa al Tokyo Dome (Ansa)

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È stata densa di appuntamenti questa seconda giornata del Papa in Giappone, nel suo 32° viaggio apostolico internazionale, il quarto in Asia. Nel pomeriggio nipponico (la mattinata in Italia) papa Francesco ha celebrato la messa nel Tokyo Dome. Seguita da un colloquio privato con primo ministro Shinzo Abe. Quindi l’incontro, con discorso, al corpo diplomatico e alla società civile.

Al premier: le Olimpiadi del 2020 rafforzino la solidarietà

Il colloquio privato con Abe dura circa mezz’ora. Poi il premier introduce l’intervento del Pontefice con un caloroso discorso in cui ricorda la commovente storia dei cristiani nascosti e quella della foto con il ragazzetto di Nagasaki che porta in crematorio sulle spalle il fratellino morto. Abe ribadisce poi in modo solenne la ferma intenzione del governo giapponese di fare tutto il possibile che di costruire «un mondo libero dalle armi nucleari».

Nel suo discorso il Papa ribadisce che il dialogo è «l’unica arma degna dell’essere umano e capace di garantire una pace duratura». «Sono convinto - aggiunge - della necessità di affrontare la questione nucleare a livello multilaterale, promuovendo un processo politico e istituzionale in grado di creare un consenso e un’azione internazionali più ampi». «Seguendo le orme dei miei predecessori, voglio anche implorare Dio e invitare tutte le persone di buona volontà a continuare a promuovere e favorire tutte le mediazioni dissuasive necessarie - rimarca Francesco - affinché mai più, nella storia dell’umanità, si ripeta la distruzione operata dalle bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki».

Per papa Francesco poi le Olimpiadi che si terranno a Tokyo il prossimo anno saranno una occasione per far crescere la solidarietà. «Una cultura di incontro e dialogo, caratterizzata da saggezza, visione e ampiezza di orizzonte, è essenziale per costruire un mondo più giusto e fraterno», sottolinea aggiungendo che anche lo sport può contribuire a creare armonia, giustizia, solidarietà e riconciliazione, che sono «il cemento della costruzione della pace». «Possiamo vedere un esempio evidente di questo – prosegue - nello spirito olimpico, che unisce atleti di tutto il mondo in una competizione che non si basa necessariamente sulla rivalità ma sulla ricerca dell’eccellenza». Di qui la certezza che i Giochi «serviranno da stimolo per far crescere uno spirito di solidarietà che superi i confini nazionali e regionali e cerchi il bene di tutta la nostra famiglia umana».

«La civiltà di una nazione o di un popolo non si misura dal suo potere economico ma dall’attenzione che dedica ai bisognosi, come pure dalla capacità di diventare fecondi e promotori di vita», rimarca poi papa Francesco. Quindi esalta la bellezza dell’ambiente in Giappone: «La delicatezza del fiore di ciliegio ci ricorda la fragilità della nostra casa comune, soggetta non solo ai disastri naturali ma anche all’avidità, allo sfruttamento e alla devastazione per mano dell’uomo». Occorre così «un approccio integrale per la protezione della nostra casa comune deve considerare anche l’ecologia umana». «Un impegno per la protezione significa - evidenzia il Papa - affrontare il crescente divario tra ricchi e poveri, in un sistema economico globale che consente a pochi privilegiati di vivere nell’opulenza mentre la maggioranza della popolazione mondiale vive nella povertà». Perché «la dignità umana dev’essere al centro di ogni attività sociale, economica e politica».

Infine Papa Francesco esprime «gratitudine» per l’invito ricevuto a visitare il Giappone, e per la «cordiale ospitalità» ricevuta. E incoraggia le autorità negli sforzi compiuti «per dar forma a un ordine sociale sempre più capace di proteggere la vita, sempre più rispettoso della dignità e dei diritti dei membri della famiglia umana».

L’incontro al Kantei è l’ultimo della giornata. A Tokyo è già sera. Domani papa Francesco visita i gesuiti della Sophia University e poi si riparte per l’Italia. L’arrivo a Roma Fiumicino è previsto per le 17 di martedì.

Prima dell'incontro con il premier giapponese, nel pomeriggio il Papa aveva celebrato la Messa nel Tokyo Dome.


All'omelia: no all'efficientismo a tutti i costi

Il Tokyo Dome è colmo di circa 50mila. Tra di loro c’è l’anziano pugile Iwao Hakamada condannato a morte e in attesa di una revisione del processo, invitato alla celebrazione dall’episcopato nipponico. Con il Papa concelebrano i vescovi giapponesi e i prelati del seguito (tra i quali i cardinali Pietro Parolin e Fernando Filoni), nonché altri porporati tra cui John Tong Hon, vescovo emerito e amministratore apostolico della vicina e tormentata Hong Kong.

Nell’omelia il Pontefice prende di petto con dolcezza tutti i problemi che assillano la società nipponica. Innanzitutto mette in guardia dal «non restare intrappolati o isolati nella ricerca del successo ad ogni costo, anche a costo della vita». Infatti «gli atteggiamenti mondani, che cercano e perseguono solo il proprio tornaconto o beneficio in questo mondo, e l’egoismo che pretende la felicità individuale, in realtà ci rendono solo sottilmente infelici e schiavi, oltre ad ostacolare lo sviluppo di una società veramente armoniosa e umana».

Papa Francesco poi ricorda che la ricerca «assillante» della competitività rischia di «incatenare l’anima». Non solo. La ricerca di «una vita nuova, nella quale sperimentare la libertà di saperci figli amati» da Dio «potrebbe vedersi soffocata e indebolita quando restiamo prigionieri del circolo vizioso dell’ansietà e della competitività, o quando concentriamo tutta la nostra attenzione e le nostre migliori energie nella ricerca assillante e frenetica della produttività e del consumismo come unico criterio per misurare e convalidare le nostre scelte o definire chi siamo e quanto valiamo». «Una misura che a poco a poco - sottolinea - ci rende impermeabili e insensibili alle cose importanti, spingendo il cuore a battere per le cose superflue o effimere». “Quanto opprime e incatena l’anima – è il monito del Pontefice - l’affanno di credere che tutto possa essere prodotto, conquistato e controllato!».

Il Papa si è rivolto in particolare al popolo giapponese che avverte l’efficientismo a tutti i costi. «Qui in Giappone, in una società con un’economia molto sviluppata, mi facevano notare i giovani questa mattina, nell’incontro che ho avuto con loro, che non sono poche le persone socialmente isolate, che restano ai margini, incapaci di comprendere il significato della vita e della propria esistenza». E allora «casa, scuola e comunità, destinate ad essere luoghi dove ognuno sostiene e aiuta gli altri, si stanno sempre più deteriorando a causa dell’eccessiva competizione nella ricerca del guadagno e dell’efficienza. Molte persone si sentono confuse e inquiete, sono oppresse dalle troppe esigenze e preoccupazioni che tolgono loro la pace e l’equilibrio».

“Proteggi la vita” è il motto del viaggio. E papa Francesco ribadisce che il cristiano è chiamato «a proteggere ogni vita e a testimoniare con sapienza e coraggio uno stile segnato dalla gratuità e dalla compassione, dalla generosità e dall’ascolto semplice, capace di abbracciare e di ricevere la vita così come si presenta con tutta la sua fragilità e piccolezza e molte volte persino con tutte le sue contraddizioni e mancanze di senso». Così occorre imparare a «dare il benvenuto a tutto ciò che non è perfetto, a tutto quello che non è puro né distillato, ma non per questo è meno degno di amore». E al proposito il Papa ha chiesto: «Forse che qualcuno per il fatto di essere disabile o fragile non è degno d’amore? Qualcuno, per il fatto di essere straniero, di aver sbagliato, di essere malato o in una prigione, non è degno di amore?».

L'incontro con i giovani: rifiutare la cultura del bullismo

Dire «Basta!» alla «cultura del bullismo». Rifiutare di essere «zombi» in una «società frenetica e focalizzata sull’essere solo competitivi e produttivi», perché «l’amicizia sociale è possibile». Evitare di guardarsi allo specchio – «non ci sono ancora i selfie dell’anima» – perché per essere felici «dobbiamo chiedere aiuto agli altri, che la foto la faccia un altro» e così «uscire da noi stessi e andare verso gli altri, specialmente i più bisognosi» e «in particolare» i rifugiati.

Papa Francesco usa parole e immagini forti con i giovani che incontra nella moderna cattedrale di Tokyo progettata da Kenzo Tange. È il terzo appuntamento della giornata. Papa Francesco parla dopo aver ascoltato le testimonianze di un giovane cattolico, di una ragazza buddista e di una giovane migrante filippina. Ricorda che «la paura è sempre nemica del bene, perché è nemica dell’amore e della pace» e che «le grandi religioni insegnano tolleranza, armonia e misericordia; non insegnano paura, divisione e conflitti». Quindi aggiunge: «L’amicizia tra di voi e la vostra presenza qui ricorda a tutti che il futuro non è "monocromatico", ma che, se ne abbiamo il coraggio, è possibile guardarlo nella varietà e diversità degli apporti che ciascuno può dare».

Ai giovani Papa Francesco chiede «di stendere le braccia dell’amicizia e di accogliere quelli che vengono, spesso dopo grandi sofferenze, a cercare rifugio nel vostro Paese». Questo appello è accolto con particolare enfasi dalla Caritas nipponica, che in una nota spiega come il Giappone abbia norme «così restrittive che il numero di coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiati nel 2018 è limitato a 42 persone». «So che tra di voi – sottolinea il Pontefice - ci sono giovani di altre nazionalità, alcuni di loro cercano rifugio. Impariamo a costruire insieme la società che vogliamo per il domani». «Con noi qui - aggiunge - c’è un piccolo gruppo di rifugiati; la vostra accoglienza testimonierà che per molti possono essere estranei, ma per voi si possono considerare fratelli e sorelle».

Nel suo discorso Papa Francesco cita anche un’altra nota dolente della società giapponese, la troppa competizione e frenesia che portano alla solitudine, «la povertà più grande», all’autoisolamento, ai suicidi. «Ci sono giovani che non ridono, non giocano, non conoscono il senso della meraviglia e della sorpresa», dice. Come zombi – il Pontefice usa questa parola -, «il loro cuore ha smesso di battere a causa dell’incapacità di celebrare la vita con gli altri». E allora occorre «fare spazio a Dio in una società frenetica e focalizzata sull’essere solo competitivi e produttivi».

Papa Francesco ricorda poi ai giovani che «per crescere, per scoprire la nostra identità, bontà e bellezza interiore, non possiamo guardarci allo specchio». «Hanno inventato tante cose, - continua - ma grazie a Dio non ci sono ancora i selfie dell’anima». Tuttavia «per essere felici, dobbiamo chiedere aiuto agli altri, che la foto la faccia un altro, cioè uscire da noi stessi e andare verso gli altri, specialmente i più bisognosi». «Non guardatevi troppo allo specchio, - aggiunge - correte il rischio che a guardarvi troppo lo specchio si rompa».

E poi c’è il “Basta!” alla cultura del bullismo. «Dobbiamo unirci tutti contro questa cultura del bullismo e imparare a dire: basta! È un’epidemia - osserva il pontefice - per la quale la migliore medicina la potete trovare voi stessi. Non è sufficiente che le istituzioni educative o gli adulti utilizzino tutte le risorse a loro disposizione per prevenire questa tragedia, ma è necessario che tra voi, tra amici e compagni, vi mettiate insieme per dire: No! No al bullismo no all’aggressione dell’altro. Questo è male!». Infatti «non esiste un’arma più grande per difendersi da queste azioni di quella di "alzarsi" tra compagni e amici e dire: "Quello che stai facendo è una cosa grave"». Papa Francesco sottolinea che «paradossalmente» sono «i molestatori quelli veramente deboli, perché pensano di poter affermare la propria identità facendo del male agli altri».

All'imperatore: vidi i miei genitori piangere per Hiroshima e Nagasaki

L'incontro con i giovani è stato preceduto dalla visita privata all’imperatore Naruhito al quale il Pontefice confessa di aver visto a 9 anni i genitori piangere nell'apprendere la notizia delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. L’incontro con l’imperatore Naruhito è privato. Ma fonti del Palazzo imperiale fanno sapere alcuni dei contenuti del colloquio.

Il grazie di Naruhito per l’incontro con le vittime di Fukushima. E poi uno scambio di impressioni su temi legati all’ambiente, soprattutto la questione dell’acqua. Il Papa - secondo queste fonti – avrebbe osservato che è difficile risolvere il problema dell’ambiente perché è strettamente collegato a quello dell’economia, tanto che la prossima guerra potrebbe essere causata da un conflitto per l’acqua.

Alle vittime di Fukushima: nessuno si ricostruisce da solo

Prima ancora il Papa incontra le vittime del terribile “triplice disastro” (terremoto, maremoto, incidente nucleare) di Fukushima del 2011 che provocò 18mila morti. Qui il Pontefice lancia un appello per «prendere decisioni coraggiose e importanti sull'uso delle risorse naturali, e in particolare sulle future fonti di energia» e cita la richiesta dei vescovi locali di chiudere le centrali nucleari.

Francesco parla dopo aver ascoltato le testimonianza di tre sopravvissuti, fra cui un monaco buddista. Lancia un appello alla solidarietà. «Senza risorse di base, cibo, vestiario e riparo, non è possibile condurre una vita dignitosa e avere il minimo necessario per poter ottenere una ricostruzione, che a sua volta richiede di sperimentare la solidarietà e il sostegno di una comunità». «Nessuno - sottolinea – si "ricostruisce" da solo; nessuno può ricominciare da solo». Infatti «è essenziale trovare una mano amica, una mano fraterna, in grado di aiutare a risollevare non solo la città, ma anche lo sguardo e la speranza».

Per il Pontefice alla luce di quanto accaduto a Fukushima occorre «prendere decisioni coraggiose e importanti sull’uso delle risorse naturali, e in particolare sulle future fonti di energia». E poi, sottolinea, «oltre alle preoccupazioni scientifiche o mediche, c’è anche il lavoro immenso per ripristinare il tessuto della società». Perché «fino a quando i legami sociali non saranno ristabiliti nelle comunità locali e le persone avranno di nuovo una vita sicura e stabile, l’incidente di Fukushima non sarà completamente risolto». E questo «implica, al tempo stesso, come hanno ben sottolineato i miei fratelli vescovi del Giappone, la preoccupazione per il prolungarsi dell’uso dell’energia nucleare, per cui hanno chiesto - così il Papa rilancia le richieste della Chiesa locale - l’abolizione delle centrali nucleari». La Conferenza episcopale nipponica infatti nell’anno stesso del disastro ha pubblicato un documento in cui si chiede il progressivo smantellamento degli impianti atomici.

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