giovedì 5 settembre 2019
Il discorso alle autorità e al corpo diplomatico, l'incontro interreligioso con i giovani. Tripudio nelle strade, un abbraccio corale al Papa
(pool Aigav)

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La pace «torni ad essere la norma e la riconciliazione la via migliore per affrontare le sfide». Non siano «l'odio e la violenza ad avere l'ultima parola». È questo l'incoraggiamento e il saluto che papa Francesco ha rivolto alla nazione prima tappa del suo 31.mo viaggio internazionale (che lo porterà anche in Madagascar e Mauritius) nel discorso indirizzato al presidente della Repubblica del Mozambico, Felipe Nyusi, alle autorità locali e al corpo diplomatico nel Palazzo Ponta Vermelha.

La visita entra così nel vivo e subito il Pontefice va al cuore delle questioni, toccando i nervi scoperti della società mozambicana, ricordando le vittime dei cicloni Idai e Kenneth, chiedendo per loro la ricostruzione e facendo anche un corposo riferimento alla questione ambientale. «La difesa della terra è anche la difesa della vita, che richiede speciale attenzione quando si constata una tendenza a saccheggiare e depredare». Un incontro che si è svolto in un clima di cordialità e amicizia, presenti anche i leader dell'opposizione.

Francesco è giunto in orario al palazzo presidenziale, intorno alle 9.45. In precedenza, aveva celebrato la messa in nunziatura, anche per i cardinali Roger Etchegaray e José de Jesus Pimiento, deceduti nei giorni scorsi e poi aveva incontrato una delegazione mozambicana delle Scholas Occurrentes, con il direttore Enrique Adolfo Palmeyro. I giovani sono impegnati nello sport e nell'educazione e con loro il Papa si è lasciato andare ai ricordi, quando nel cortile di casa sua giocava a pallone con gli amici con una palla fatta di stracci. Sport e lavoro devono sempre essere congiunti ha sottolineato.

Prima del discorso alle autorità, il Papa si è intrattenuto con il presidente Nyusi e con la sua famiglia, firmando il libro d'onore e auspicando anche nella breve frase vergata all'impronta pace e riconciliazione per il Mozambico.

Nel discorso quindi ha ripreso e approfondito il tema. Ha ricordato l'accordo del mese scorso, firmato nella Serra della Gorongosa, con cui si è messa la parola fine alle operazioni militari e lo ha definito «una pietra miliare, speriamo definitiva sulla via della pace». Citando quindi Giovanni Paolo II che qui venne in visita nel 1988 ha ricordato i lutti e le sofferenze della guerra che non devono ripetersi e ha aggiunto: «No alla violenza che distrugge, sì ala pace e alla riconciliazione». «Con determinazione ma senza fanatismo, con coraggio ma senza esaltazione, con tenacia ma in maniera intelligente». Quindi ha ammonito: «La pace non è solo assenza di guerra, ma l'impegno instancabile di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli, perché possano sentirsi protagonisti del destino della propria nazione». Ecco dunque il compito per il futuro del Mozambico: “Non smettete di impegnarvi finché ci saranno bambini e adolescenti senza istruzione, famiglie senza casa, lavoratori senza occupazione, contadini senza terra. Queste sono le basi di un futuro di speranza, perché futuro di dignità. Queste sono le armi della speranza”.

Lasciato quindi il palazzo presidenziale Francesco si è recato in papamobile all'incontro interreligioso con i giovani. Per le strade di Maputo un autentico trionfo con centinaia di migliaia di persone che ne hanno acclamato il passaggio.

Ai giovani: «Sognate insieme, mai contro gli altri»

Grande è l'entusiasmo anche nel Pavilion Maxaquene, dove ad attendere Francesco c'erano 15mila giovani (altri 4mila all'esterno) non solo cattolici. Era un incontro interreligioso e lo si è visto anche dai canti e dalle bellissime coreografie cui hanno preso parte musulmani, indù e fedeli di altre religioni.

Tutti però avevano un filo comune: inneggiare alla pace, ripudiare la guerra, mostrandone gli effetti distruttivi, come nella rappresentazione molto effficace in cui un gruppo di guerriglieri armati di fucili di legno ha fatto “irruzione” “uccidendo” alcuni figuranti che cadendo a terra srotolavano sul pavimento dei nastri rossi come il sangue. Pace e custodia della casa comune sono anche le prospettive che il Papa ha indicato ai ragazzi del Mozambico, di cui ha mostrato di gradire molto – e lo ha detto apertamente – l'accoglienza e le scenografiche coreografie.

Nel discorso (che il Pontefice ha cambiato con aggiunte a braccio) ha citato anche due grandi personaggi dello sport mozambicano, il calciatore Eusebio da Silva, “la pantera nera” (il suo nome ha suscitato un'ovazione) e la mezzofondista Maria Mutola, medaglia d'oro a Sidney negli 800 metri, alla sua quarta Olimpiade. Sono due esempi, ricorda il Papa, di giovani che hanno realizzato i propri sogni, respingendo ciò che li uccide: la rassegnazione e l'ansia.

«Sognate insieme, sognate con gli altri, mai contro gli altri», ha raccomandato Francesco. E non abbiate paura di sbagliare. Possiamo sbagliare mille volte, ma non cadiamo nell'errore di fermarci». Di qui l'appello che sempre il Papa ripete quando incontra i giovani: «Voi siete importanti. Perché non siete solo il futuro del Mozambico o della Chiesa o dell'umanità. Voi siete il presente: con tutto ciò che siete e fate, state già contribuendo al presente». Quindi il compito dei giovani è mettere fine all'inimicizia che crea la guerra e «scrivere una pagina nuova di storia». Gettare ponti per «una pagina piena di speranza di pace e di riconciliazione». Così come va coltivato l'impegno «per proteggere la nostra casa comune, una casa che è di tutti e per tutti». Infine il Papa ha concluso ricordando che «Dio vi ama» e questa è una certezza che accomuna tutte le religioni.

Ai sacerdoti: niente vantaggi personali, vicini a chi soffre

Nel pomeriggio, nella Cattedrale gremita da 2000 tra sacerdoti, religiosi e religiose, il discorso è ripreso in pratica da questa stessa affermazione. L'amore di Dio deve spingere alla missione. "Non possiamo correre dietro a ciò che si traduce in benefici personali; le nostre stanchezze devono invece essere piuttosto legate alla nostra capacità di compassione". Papa Francesco ha raccomandato vicinanza e compassione. "Ci rallegriamo con i fidanzati che si sposano, ridiamo con il bimbo che portano a battezzare; accompagniamo i giovani che si preparano al matrimonio e alla famiglia; ci addoloriamo con chi riceve l’unzione nel letto d’ospedale; piangiamo con quelli che seppelliscono una persona cara". "Dedichiamo ore e giorni ad accompagnare quella madre con l’Aids - ha proseguito -, quel bambino rimasto orfano, quella nonna che si fa carico di tanti nipotini o quel giovane che è venuto in città ed è disperato perché non riesce a trovare lavoro". "Per noi sacerdoti le storie della nostra gente non sono un notiziario: noi conosciamo la nostra gente", ha sottolineato Francesco. Quindi il Papa ha concluso: "La Chiesa del Mozambico è invitata a essere la Chiesa della visitazione; non può far parte del problema delle competenze, del disprezzo e delle divisioni gli uni contro gli altri, ma porta di soluzione, spazio in cui siano possibili il rispetto, l'interscambio e il dialogo".

In quest'ottica - unire più che dividere - deve trovare anche risposta la domanda fatta da una catechista sui matrimoni interreligiosi, fa notare il Papa. Sviluppare "una cultura dell'incontro in una multiforme armonia". Che è poi ciò che serve più di tutto alla società mozambicana.
Prima di andare in Cattedrale il Pontefice aveva ricevuto in nunziatura delegazione della diocesi di Xai Xai, con cui aveva avviato un gemellaggio al tempo in cui era arcivescovo di Buenos Aires. La delegazione era guidata dal Vescovo, Lucio Andrice Muandula e accompagnata dal Vescovo emerito, cardinale Julio Duarte Langa.

Dopo un breve saluto di monsignor Muandula, papa Francesco ha ricordato le origini del rapporto tra le diocesi e come lo scambio tra le due abbia rafforzato i preti, i religiosi e i seminaristi missionari, aprendo loro ad una prospettiva apostolica. Ha poi sottolineato l’importanza della preghiera gli uni per gli altri e il valore dei bambini, ricchezza di una nazione, e degli anziani: “I bambini e gli anziani sono il tesoro di un popolo e il modo in cui ci si prende cura di loro misura la grandezza di un popolo”.


Francesco in visita privata alla Casa Matteo 25

L'ultimo impegno di questa giornata è la visita a Casa Matteo 25, iniziativa della nunziatura di Maputo in collaborazione con la Chiesa locale e circa 20 congregazioni religiose per assistere con pasti, servizi igienici e sanitari i giovani e i bambini di strada, che ogni sera vengono raggiunti nei luoghi in cui vivono dai volontari dell'associazione.

Il Papa è arrivato nella struttura poco dopo le 17,30, accolto da un coro di bambini. Ha salutato i responsabili e si è fermato a pregare nella cappella. Quindi dopo aver ascoltato alcuni canti e ricevuto due regali (un disegno che lo raffigura, eseguito dagli stessi bimbi e una croce) ed essersi intrattenuto con alcuni di loro come un nonno, ha salutato tutti ed è tornato in nunziatura.

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