lunedì 11 settembre 2017
Lavorare a favore della dignità dei poveri, degli scartati, dei migranti. La “vicinanza” a ciascun figlio e figlia dell’”amata nazione” venezuelana, l'appello alla riconciliazione in Colombia.
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Un forte appello per lavorare a favore della dignità dei poveri, degli scartati, dei migranti. L’espressione di “vicinanza” a ciascun figlio e figlia dell’”amata nazione” venezuelana, legata all’auspicio che finisca ogni violenza politica. Il richiamo alla necessità di proseguire il cammino di riconciliazione e un severo monito contro il narcotraffico. Sono questi i temi affrontati da papa Francesco nell’ultima tappa del viaggio apostolico in Colombia.

Lo ha fatto nella splendida cornice di Cartagena, l’antica città coloniale che si affaccia sul Mar dei Caraibi, patrimonio dell’Unesco per le sue architetture. Teatro nel passato del più importante mercato di schiavi dell’America latina, ma che ha ospitato l’infaticabile azione pastorale di San Pietro Claver, il gesuita che nella prima metà del ‘600 difese gli afroamericani della città per difenderli dai soprusi e dallo sfruttamento.

Il Papa è arrivato in aereo da Bogotà, e l’accoglienza è stata calda come il clima caraibico che lo ha accolto. In migliaia si sono riversati sulle strade per salutarlo. Anche qui, come nei giorni precedenti, il programma è stato fitto di appuntamenti. Appena arrivato ha presieduto la benedizione della prima pietra delle case per i senzatetto e dell’Opera “Talitha Kum”, la rete internazionale della vita consacrata contro la tratta delle persone. Poi la visita alla casa santuario di San Pietro Claver con la recita dell’Angelus. Quindi la Messa celebrata nell’area portuale di Cartagena.

Papa Francesco, che nel prendere la papamobile si è lievemente ferito nello zigomo e nel sopracciglio sinistro (coperto da un cerottino), arrivato davanti alla chiesa che custodisce le spoglie di San Pietro Claver ha tenuto un breve discorso. Il Pontefice ha ricordato di aver appena benedetto le pietre di due istituzioni destinate a persone con gravi necessità e di aver visitato “la casa della signora Lorenza”, che da cinquant’anni “accoglie ogni giorno molti nostri fratelli e sorelle per dare loro cibo e affetto”.

San Pietro Claver, ha ricordato papa Francesco, "sapeva che il linguaggio della carità e della misericordia era capito da tutti". "Austero e caritatevole fino all'eroismo", ha spiegato, "dopo aver confortato la solitudine di centinaia di migliaia di persone, trascorse gli ultimi quattro anni della sua vita malato e nella sua cella, in uno spaventoso stato di abbandono". Il santo gesuita "ha testimoniato in modo formidabile la responsabilità e l'attenzione che ognuno di noi deve avere per i fratelli". Ed ha “dovuto affrontare dure critiche e una persistente opposizione da parte di quanti temevano che il suo ministero minacciasse il ricco commercio degli schiavi”.

"In Colombia e nel mondo, - ha quindi osservato il vescovo di Roma - milioni di persone sono vendute come schiavi, oppure vanno mendicando un po' di umanità, un momento di tenerezza, prendono la via del mare o si mettono in cammino perché hanno perso tutto a cominciare dalla loro dignità e dai loro diritti". Di qui l’esortazione "a lavorare per la dignità di tutti i nostri fratelli, specialmente per i poveri e gli scartati dalla società, per quelli che sono abbandonati, per gli emigranti, per quelli che subiscono la violenza e la tratta. Tutti costoro hanno la loro dignità e sono immagine viva di Dio".

Dopo aver guidato la recita dell’Angelus, papa Francesco ha lanciato un pensiero al vicino Venezuela. “Da questa località, - ha detto - desidero assicurare la mia preghiera per ciascuno dei Paesi dell’America Latina, e in modo speciale per il vicino Venezuela”. “Esprimo – ha proseguito - la mia vicinanza ad ognuno dei figli e delle figlie di quella amata nazione, come pure a coloro che hanno trovato in questa terra colombiana un luogo di accoglienza”. “Da questa città, sede dei diritti umani, - ha infine aggiunto - faccio appello affinché si respinga ogni tipo di violenza nella vita politica e si trovi una soluzione alla grave crisi che si sta vivendo e che tocca tutti, specialmente i più poveri e svantaggiati della società”.

Terminata la visita nella casa santuario di san Pietro Claver, dove ha incontrato alcune centinaia di esponenti della comunità afroamericana assistita dai gesuiti, il Papa si è recato nel refettorio del Chiostro di Santo Domingo, dove ha pranzato.
Qui ha avuto anche un incontro di circa 30 minuti con i gesuiti della Colombia, rispondendo ad alcune domande che gli sono state rivolte. Quindi ha visitato la cattedrale, dove ha salutato circa 300 malati. Poi è salito in un elicottero per benedire in volo la statua della “Virgen de la Bahia” e infine ha presieduto la celebrazione eucaristica nell’area portuale di Cartagena davanti, anche qui, a centinaia di migliaia di fedeli.

L’omelia è stata occasione per un nuovo appello alla riconciliazione nazionale da perseguire dopo decenni di conflitti che hanno insanguinato il Paese. Infatti “se la Colombia vuole una pace stabile e duratura, deve fare urgentemente un passo in questa direzione, che è quella del bene comune, dell'equità, della giustizia, del rispetto della natura umana e delle sue esigenze". "Solo se aiutiamo a sciogliere i nodi della violenza, districheremo la complessa matassa degli scontri – ha specificato -: ci è chiesto di far il passo dell'incontro con i fratelli, avendo il coraggio di una correzione che non vuole espellere ma integrare; ci è chiesto di essere, con carità, fermi in ciò che non è negoziabile; in definitiva, l'esigenza è costruire la pace".

"Condanno fermamente questa piaga che ha messo fine a così tante vite e che è mantenuta e sostenuta da uomini senza scrupoli. Faccio un appello affinchè finisca il narcotraffico, che solo semina morte dappertutto spezzando tante famiglie".

In questi giorni, ha ricordato Papa Francesco nell'omelia, "ho sentito tante testimonianze di persone che sono andate incontro a coloro che avevano fatto loro del male. Ferite terribili che ho potuto contemplare nei loro stessi corpi; perdite irreparabili che ancora fanno piangere": e tuttavia "queste persone sono andate, hanno fatto il primo passo su una strada diversa da quelle già percorse". Perché la Colombia da decenni sta cercando la pace e, "come insegna Gesù, non è stato sufficiente che due parti si avvicinassero, dialogassero; c'è stato bisogno che si inserissero molti altri attori in questo dialogo riparatore dei peccati". Secondo il Papa, "abbiamo imparato che queste vie di pacificazione, di primato della ragione sulla vendetta, di delicata armonia tra la politica e il diritto, non possono ovviare ai percorsi della gente". Insomma, "non è sufficiente il disegno di quadri normativi e accordi istituzionali tra gruppi politici o economici di buona volontà". Per "la soluzione al male compiuto" serve piuttosto "l'incontro personale tra le parti". E soprattutto, per Francesco, nel cammino di pace "l'autore principale, il soggetto storico di questo processo, è la gente e la sua cultura, non una classe, una frazione, un gruppo, un'élite". In altre parole, spiega, "non abbiamo bisogno di un progetto di pochi indirizzato a pochi, o di una minoranza illuminata o testimoniale che si appropri di un sentimento collettivo. Si tratta di un accordo per vivere insieme, di un patto sociale e culturale".

Tutti, quindi, devono "dare un grande contributo a questo nuovo passo che la Colombia vuole fare". E se "questo cammino di reinserimento nella comunità comincia con un dialogo a due" e "nessun processo collettivo ci dispensa della sfida di incontrarci, di spiegarci, di perdonare", venendo al nodo delle questioni ancora aperte in Colombia, Bergoglio spiega che "le ferite profonde della storia esigono necessariamente istanze dove si faccia giustizia, dove sia possibile alle vittime conoscere la verità, il danno sia debitamente riparato e si agisca con chiarezza per evitare che si ripetano tali crimini".

"A noi - aggiunge - è richiesto di generare 'a partire dal basso' un cambiamento culturale: alla cultura della morte, della violenza, rispondiamo con la cultura della vita, dell'incontro". E su questo, è mancato da parte del Papa, una ulteriore citazione finale (lo aveva già fatto in altri due discorsi) del grande Gabriel Garcia Marquez, "quello scrittore così vostro, così di tutti".

Alla fine della cerimonia Papa Francesco ha preso il volo che lo riporta a Roma. L’arrivo all’aeroporto di Ciampino è previsto per le 12 e 40 di oggi.



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