martedì 26 novembre 2019
Nella conferenza stampa di ritorno dal Giappone, il Pontefice parla di Cina («Mi piacerebbe andare a Pechino»), di America Latina («Governi deboli, che non sono riusciti a mettere ordine e pace»)
Il Papa sul volo di ritorno dal viaggio in Thailandia e Giappone (Ansa)

Il Papa sul volo di ritorno dal viaggio in Thailandia e Giappone (Ansa)

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LA PRIMA PARTE DELLA CONFERENZA STAMPA NEL VOLO DI RIENTRO DALL'ASIA

(Domande dei giornalisti germanofoni) Sul volo da Bangkok a Tokyo ha mandato un telegramma a Carrie Lam di Hong Kong. Che cosa pensa della situazione lì, con le manifestazioni e dopo le elezioni distrettuali? E quando possiamo accompagnarla a Pechino?

I telegrammi si mandano a tutti i Capi di Stato, è una cosa automatica: un saluto e anche un modo cortese di chiedere permesso di sorvolare il loro territorio. Questo non ha un significato né di condanna né di appoggio, è una cosa meccanica che tutti gli aerei fanno quando tecnicamente entrano, avvisano, stiamo entrando, e noi lo facciamo con cortesia, salutiamo. Questo non ha alcun valore nel senso che lei domanda, soltanto valore di cortesia. Riguardo a quello che penso: non c’è soltanto Hong Kong. Pensi al Cile, pensi alla Francia, alla democratica Francia con un anno di gilet gialli, pensi al Nicaragua, pensa ad altri Paesi latinoamericani, al Brasile, che hanno dei problemi del genere, e anche a qualche Paese europeo. È una cosa generale. Cosa fa la Santa Sede con questo? Chiama al dialogo, alla pace. Ma non è solo Hong Kong. Sono varie situazioni con dei problemi che io in questo momento non sono capace di valutare. Io rispetto la pace e chiedo la pace per tutti questi Paesi che hanno dei problemi. Dei problemi anche in Spagna ci sono, problemi così. Conviene relativizzare le cose e chiamare al dialogo, alla pace, perché si risolvano i problemi.

Pechino?

Mi piacerebbe andare a Pechino, io amo la Cina.

(Domande dei giornalisti ispanofoni) L’America latina è in fiamme. Abbiamo visto, dopo il Venezuela, in Cile delle immagini che non pensavamo di rivedere dopo Pinochet. Abbiamo visto la situazione in Bolivia, Nicaragua, altri paesi. Rivolte, violenza nelle strade, gente, morti, feriti, chiese anche bruciate, violate. Qual è la sua analisi di quello che sta succedendo in questi Paesi? La Chiesa e lei personalmente, come papa latino-americano, può fare qualche cosa? Sta facendo qualcosa?

Qualcuno mi ha detto questo: “La situazione oggi in America Latina assomiglia a quella del 1974-1980”. Cile, Argentina, Uruguay, Brasile, Paraguay con Stroessner, credo che Bolivia... avevano l’operazione Condor, in quel momento si chiamava, la situazione così in fiamme. Davvero in questo momento io non sono capace di fare l’analisi totale di questo. E’ vero che ci sono dichiarazioni precisamente non di pace. Quello del Cile a me spaventa. Perché il Cile esce da un problema di abusi che ci ha fatto soffrire tanto. E adesso torna un problema del genere che non capiamo bene. Ma è in fiamme, come lei dice. E si deve cercare il dialogo e anche l’analisi. Ancora io non ho trovato una analisi ben fatta sulla situazione in America Latina. E anche governi deboli, molto deboli, che non sono riusciti a mettere ordine e pace dentro. E per questo c’è questa situazione.

Evo Morales ha chiesto la sua mediazione, per esempio. Cose concrete…

Sì, cose concrete. Il Venezuela ha chiesto la mediazione e la Santa Sede è sempre stata disposta, c’è un buon rapporto, noi siamo lì presenti per aiutare quando è necessario. La Bolivia ha fatto qualcosa del genere, ancora non so bene su quale strada ma anche ha fatto una richiesta alle Nazioni Unite che ha inviato dei delegati, anche qualche paese dell’Unione Europea. Il Cile non so se l’ha fatta. Il Brasile certamente no, ma anche lì ci sono dei problemi. È una cosa un po’ strana, io non vorrei dire una parola di più, perché sinceramente non ho studiato bene il problema.

(aggiunta finale del Papa sul viaggio in Thailandia)

Approfitto della sua domanda, perché ho parlato poco della Thailandia, e la Thailandia è un’altra cosa differente dal Giappone, un’altra cultura, decisamente diversa, una cultura della trascendenza, una cultura della bellezza, diversa dalla bellezza del Giappone, una cultura con tanta povertà e tante ricchezze spirituali, ma anche c’è il problema che che ci fa pensare a “Grecia e le altre”, al problema dello sfruttamento. Lei (Valentina Alazraky della messicana Televisa, coautrice con Luigi Ginami del volume appena citato per le ed. San Paolo, ndr) lo ha studiato bene e il suo libro ha fatto tanto bene, e alcuni posti della Thailandia sono duri, sono difficili. Ma c’è la Thailandia del sud, ma c’è anche la bella Thailandia del nord che non ho potuto visitare, la Thailandia tribale, come c’è l’India del nord-est tribale, ed è tutta un’altra cultura. Ho ricevuto una ventina di persone di quella zona, cristiani primi battezzati. Bangkok abbiamo visto è una città modernissima, è una città forte, grande, ma ha dei problemi diversi da quelli del Giappone, e ha ricchezze diverse dalle ricchezze del Giappone, e questo è importante. Ma il problema dello sfruttamento, l’ho voluto sottolineare, e ringraziare lei e il suo libro. Come anche vorrei ringraziare il libro bello della Franca, la Giansoldati (del Messaggero, autrice de "Il libro verde di papa Francesco, ed. San Paolo, ndr). Ma due donne che vengono sul volo aereo che hanno fatto un libro ognuna che toccano dei problemi di oggi: il problema ecologico, il problema della distruzione della Madre Terra, dell’ambiente e il problema dello sfruttamento umano. Si vede che le donne lavorano più che gli uomini e sono capaci. Grazie a voi due per questo contributo.. Grazie a tutti per fare delle domande dirette. Questo fa bene.

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