domenica 6 novembre 2022
Il Papa di ritorno dal Bahrein risponde alle domande dei giornalisti. "Spero il governo Meloni faccia bene". Denuncia gli imperialismi e il commercio delle armi. "Voi giornalisti siate pacifisti"
Il Papa durante la conferenza stampa sul volo di ritorno dal Bahrein

Il Papa durante la conferenza stampa sul volo di ritorno dal Bahrein - Muolo

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L'augurio di buon lavoro al governo Meloni, prima donna premier in Italia: “E' una sfida”. Il dovere di salvare le vite in mare, ma anche una tiratina d'orecchie all'Unione Europea, affinché non lasci soli Paesi come l'Italia, la Spagna, Cipro e la Grecia nella gestione dei migranti nel Mediterraneo. E poi la guerra in Ucraina: “Ciò che mi colpisce è la crudeltà”, con una nuova denuncia degli imperialismi e del commercio delle armi, vera piaga che alimenta i conflitti, soprattutto quelli dimenticati, come nello Yemen dove “i bambini non hanno più da mangiare”, in Siria e nel Libano, per il quale Francesco ha rivolto un appello alla riconciliazione nazionale.

Ancora: il ruolo pubblico della donna e la sua uguaglianza rispetto agli uomini: “Se non la riconosce, una società si impoverisce”. Per terminare con la piaga degli abusi nella Chiesa (“mai più coperture”) e i problemi della Chiesa tedesca.

Sono questi i principali argomenti toccati dal Pontefice, apparso in buona forma nonostante le fatiche degli ultimi quattro giorni, durante la consueta conferenza stampa durante il volo di rientro dal suo 39mo viaggio internazionale. Un viaggio che negli oltre 50 minuti di colloquio con i giornalisti (Fancesco, giunto nel settore stampa dell'aereo sulle sue gambe, si è poi seduto per rispondere), il Papa ha definito “di incontro”, nel segno del “dialogo interreligioso con i musulmani e del dialogo ecumenico con Bartolomeo” (il patriarca di Costantinopoli, ndr), rivelando anche l'inedito particolare di come è nata l'idea del documento di Abu Dhabi: conversando a tavola con il grande imam di Al Azhar che gli aveva fatto visita in Vaticano.

L'aereo è atterrato intorno alle 16,30 a Fiumicino. E subito dopo il Pontefice, come è ormai consuetudine si è recato a Santa Maria Maggiore per ringraziare la Salus Populi Romani della buona riuscita della visita. Quindi ha fatto ritorno a Santa Marta.

Il Papa a Santa Maria Maggiore appena rientrato dal viaggio in Bahrein

Il Papa a Santa Maria Maggiore appena rientrato dal viaggio in Bahrein - Vatican Media

Questione migranti e governo italiano

In particolare, Francesco ha dato un'articolata risposta alla domanda sulla questione delle navi cariche di migranti attualmente al largo della Sicilia e in attesa di un porto sicuro, uno dei primi banchi di prova del nuovo governo italiano, il primo a guida femminile. E se su quest'ultima notazione ha detto, “eh, è una sfida”, sulla questione migranti ha specificato il suo pensiero, innanzitutto a partire da due principi. Uno: “Vanno accolti accompagnati e promossi e integrati. Se non si possono fare questi passi non è buono”. Due: “La vita va salvata in mare, perché il Mediterraneo è diventato un cimitero, forse il più grande cimitero del mondo” e i migranti devono sottostare, prima di imbarcarsi, “a varie forme di schiavitù”. Ma sulla questione deve esserci una concertazione a livello di Unione Europea. “Ogni governo della Ue deve mettersi d'accordo su quanti migranti può ricevere – ha detto il Pontefice -. Al momento sono quattro i Paesi che li accolgono: Cipro, Grecia, Italia e Spagna. Ma la politica dei migranti va concordata tra i Paesi e l'Unione. Non si può lasciare a Cipro, Grecia, Italia e Spagna l'accoglienza di tutti i migranti che arrivano sulle spiagge”.

Quanto al caso di questi giorni, il Papa ha notato: “La politica dei Paesi per ora è stata di salvare le vittime e questo governo ha la stessa politica. Non lo conosco, ma ha fatto sbarcare bambini e donne, ho sentito nelle ultime ore, o almeno l'intenzione c'era. Ma l'Italia e questo governo, o anche un governo di sinistra, non possono fare nulla senza l'accordo a livello europeo e la responsabilità europea”. Francesco ha quindi citato Angela Merkel quando diceva che “il problema dei migranti va risolto in Africa”. Per questo, bisogna mettere definitivamente da parte ogni sfruttamento colonialista e varare un “piano di sviluppo dell'Africa, dove alcuni Paesi non sono padroni del proprio sottosuolo e la gente viene sfruttata in maniera terribile”. “Se vogliamo risolvere i problemi dei migranti, risolviamo i problemi dell'Africa”, ha concluso il Papa sul punto.

Quindi si è soffermato sul governo Meloni. “Inizia ora, e io auguro sempre il meglio ad un governo perché il governo è per tutti e io spero che possa portare l'Italia avanti. E vorrei dire agli altri – ha aggiunto Francesco -, quelli che sono contrari al partito vincitore, di collaborare con la criticità e l'aiuto. Ma un governo di collaborazione, non un governo dove ti levano il piso (parola che in spagnolo significa terreno, ti fanno cadere se non ti piace una cosa o l'altra. Per favore su questo io chiedo una responsabilità. Ma vi pare giusto che l'Italia dall'inizio del secolo fino ad adesso abbia avuto almeno 20 governi? Ma finiamola con questi scherzi”.

L'uguaglianza delle donne.

Il tema dei diritti delle donne è stato toccato durante il viaggio, anche in relazione alla drammatica situazione in Iran. Francesco non nomina mai il Paese degli ayatollah, ma sviluppa un discorso più generale ricordando che “la lotta per i diritti della donna è continua perché in alcuni posti l'uguaglianza esiste e in altri no”.

Ricorda poi la terribile pratica dell'infibulazione (“perché non possiamo fermare questa tragedia? E' un crimine”) e denuncia la mentalità di chi dice che le donne “sono materiale usa e getta o specie protetta”. Invece bisogna lottare per l'uguaglianza tra l'uomo e la donna, perché “le donne sono un dono. Dio non ha creato l'uomo e poi ha creato un cagnolino per divertirsi, ma la donna per essere uguale”. Per questo “una società che non è capace di mettere la donna al suo posto non va avanti. Ci sono donne economiste che nel mondo hanno cambiato la visione economica e parlando con un capo di governo mi ha spiegato che aveva risolto un grave problema di governo, 'come facciamo noi mamme'”. Anche in Vaticano, ha fatto notare il Pontefice, “ho visto che ogni volta che una donna entra a fare un lavoro le cose migliorano. Per esempio la vice governatrice della Città del Vaticano è una donna. Nel consiglio dell'economia ci sono sei cardinali e sei laici, un maschio e cinque donne. Le donne sanno trovare una strada giusta. Sanno andare avanti. Ora ho messo Mariana Mazzucato, grande economista, per dare più umanità a questo. Una società che cancella le donne dalla vita pubblica è una società che si impoverisce. quindi uguaglianza e uguali opportunità e andare avanti. Ma c'è un grande cammino da fare. Io arrivo da un popolo maschilista. Questo maschilismo uccide l'umanità”.

Ucraina e negoziati di pace

In merito alla guerra in Ucraina gli chiedono della sua richiesta di trattative per mettere fine alle ostilità e se ha avuto modo di parlare con Putin. Il Papa, che nell'incontro con gli operatori pastorali al Sacro Cuore di Manama, in mattinata recitando l'Angelus aveva pregato per la "martoriata Ucraina: che la guerra finisca", sull'aereo ricorda che la Santa Sede sta facendo tutto ciò che è possibile. “La segreteria di Stato lavora bene”. Poi rivà alla sua visita all'ambasciata russa il giorno dopo lo scoppio del conflitto. “All'ambasciatore, un uomo buono che conosco da sei anni, un umanista, ho detto che ero pronto anche ad andare a Mosca. Mi è arrivata la risposta di Lavrov che cortesemente mi ringraziava ma che diceva che non era necessario. Ho parlato due volte con Zelenski. La Santa Sede fa quello che deve fare. Per liberare prigionieri, ma sono cose che facciamo sempre. Colpisce la crudeltà – ha aggiunto il Pontefice - che non è del popolo russo, il popolo russo è grande, ma dei mercenari e dei soldati che vanno a fare la guerra come si va a un'avventura. Ho affetto per popolo russo e anche per popolo ucraino. Quando avevo 10 anni ho fatto il chierichetto a un prete ucraino. Sono in mezzo a due popoli ai quali voglio bene. Come è possibile che ci siano state tre guerre mondiali in cento anni? Perché questa è una guerra mondiale. Quando gli imperi si indeboliscono fanno una guerra anche per vendere le armi. Oggi la calamità più grande è l'industria delle armi. Se in un anno non si facessero più armi finirebbe la fame nel mondo. Pensate allo Yemen - rimarca il Papa -, più di dieci anni di guerra, i bambini non hanno da mangiare. I rohingya nel Myanmar è terribile, in Etiopia spero che si fermi qualcosa dopo l'accordo. Ma siamo in guerra dappertutto. Ora ci tocca da vicino in Europa. Pensate alla Siria, 13 anni di guerra e nessuno sa cosa succede li dentro. E poi c'è il Libano. Voi giornalisti siate pacifisti, parlate contro le guerre. Ve lo chiedo per favore”.

L'appello per il Libano

A proposito del Paese dei Cedri, rispondendo a una precedente domanda, Francesco ha lanciato un appello. “Il Libano è un dolore – queste le sue parole - perché, come ha detto un Papa prima di me, non è un paese ma è un messaggio, con un significato grande. Ne approfitto per fare un appello ai politici libanesi. Guardate il Paese e mettetevi d'accordo. Prima Dio e la pace, mettete da parte gli interessi di parte. Smettete questa strada in giù”. Anche in mattinata, nella chiesa del Sacro Cuore a Manama, la più antica del Paese, il Papa aveva accennato al Libano, durante l'incontro con gli operatori pastorali. In particolare, vedendo presenti alcuni fedeli libanesi, aveva assicurato la sua "preghiera e vicinanza a quell’amato Paese, così stanco e provato, e a tutti i popoli che soffrono in Medio Oriente".

L'orrore degli abusi

Un giornalista francese gli chiede dei nuovi casi di abuso scoperti in Francia e insabbiati a suo tempo. Il Papa risponde che era una prassi del passato usata non solo nella Chiesa. Ma ora indietro non si torna. “Non dobbiamo fermarci. Stiamo andando avanti e non dobbiamo stupirci che vengano fuori casi come questo. La Chiesa è decisa e voglio ringraziare la eroicità del cardinale O'Malley che ha sentito il bisogno di istituire la commissione per la tutela dei minori. Ma c'è anche dentro la chiesa chi non condivide. E' un processo e lo stiamo facendo con coraggio, ma non tutti abbiamo coraggio. A volte c'è la tentazione dei compromessi, siamo tutti schiavi del peccato, Ma la volontà della Chiesa è di chiarire tutto. Negli ultimi mesi, per esempio, ho ricevuto due segnalazioni su vecchi casi non giudicati bene, ho chiesto di studiarli di nuovo. Facciamo quello che possiamo. Ma soprattutto dobbiamo sentire la profonda vergogna di queste cose brutte. E' una grazia la vergogna".

Il dibattito nella Chiesa tedesca.

Ai cattolici tedeschi - ha sottolineato il Papa in risposta a un'altra domanda - dico che la Germania ha una grande e bella Chiesa evangelica. Io non ne vorrei un'altra che non sarà mai tanto buona come quella. La voglio cattolica, in fratellanza con la evangelica. A volte si perde il senso religioso del popolo, il santo popolo fedele di Dio, e cadiamo nelle discussioni politiche ecclesiastiche di congiuntura, che sono conseguenze teologiche ma non sono il nocciolo della teologia. Che cosa pensa il santo popolo fedele di Dio? Andare lì e cercare cosa pensa. Quella religiosità semplice che si trova nei nonni. Non dico di tornare indietro ma la fonte di ispirazione è nella radice. Tutti noi abbiamo una storia di radici della fede e anche i popoli ce l'hanno. Bisogna ritrovarla. E la radice della religione è lo schiaffo che ti dà il Vangelo, l'incontro con Gesù Criosto vivo. E da lì viene tutto: il coraggio apostolico, andare nelle periferie, anche le periferie morali della gente, per aiutarli. Ma se non c'è l'incontro con Gesù Cristo ci sarà un eticismo travestito da cristianesimo".

Il bilancio del viaggio in Bahrein

La conferenza stampa era cominciata con le domande di due giornalisti dei Paesi del Golfo. E' stata l'occasione per un bilancio a caldo del viaggio. Il Papa lo ha definito “un viaggio di incontro perché la finalità era proprio trovarsi nel dialogo inter-religioso con l'islam e nel dialogo ecumenico con Bartolomeo. Le idee che ha avanzato il grande imam di al Azhar andavano nell'indirizzo di cercare unità dentro l'Islam, rispettando le differenze, e unità con i cristiani e le altre religioni”. Ma per dialogare, ha detto il Papa, bisogna avere una forte identità. E sia l'imam sia Bartolomeo, ha aggiunto, “avevano una forte identità”. Quindi Francesco ha detto di essere rimasto colpito dalle cose che sono state dette dal Consiglio islamico degli Anziani sul creato e sulla sua salvaguarda, che è una preoccupazione di tutti, islamici o cristiani. Ora – ha fatto notare - nello stesso aereo vanno dal Bahrein al Cairo il cardinale Parolin e il grande imam, assieme, come fratelli. Ed è una cosa che commuove. La presenza del patriarca Bartolomeo è una autorità nel campo ecumenico e ha fatto bene”. Infine il Papa ha riassunto così il bilancio della visita: “E' stato un viaggio di incontro. Per me la novità di conoscere una cultura aperta a tutti. In Bahrein c'è posto per tutti. Mi ha detto il re che ognuno fa quello che vuole. Se una donna vuole lavorare, può lavorare. Mi ha colpito la quantità di cristiani dal Kerala, filippini, indiani”.

il Papa e il grande imam di Al Azhar durante uno dei loro incontri in Bahrein

il Papa e il grande imam di Al Azhar durante uno dei loro incontri in Bahrein - Pool Aigav

La genesi del documento di Abu Dhabi

Papa Bergoglio ha raccontato che al termine di un'udienza in Vaticano del grande imam di Al Azhar lui lo ha invitato a pranzo “E seduti al tavolo abbiamo preso il pane, lo abbiamo spezzato e lo abbiamo dato l'uno all'altro. E' stato un pranzo fraterno e alla fine è nata l'idea del documento. Si sono messi a lavorare i segretari, le bozze
andavano e venivano. E poi ad Abu Dhabi lo abbiamo pubblicato. E' stata una cosa di Dio, scaturita da un pranzo amichevole”. Il documento, ha rivelato anche il Pontefice, “è stata per me la base per la Fratelli tutti. Io credo che non si possa pensare a una strada del genere senza una speciale benedizione del Signore su questo cammino. Io non sapevo neppure come si chiamava il grande imam, ora siamo diventati amici e abbiamo fatto una cosa da amici e ora lavoriamo assieme per far conoscere quel documento”.

La conclusione del viaggio

L'ultima tappa del viaggio di Francesco in Bahrein è stata la visita, nella mattinata di domenica 6 novembre, nella chiesa del Sacro Cuore a Manama, la più antica del Paese, fondata nel 1939. Il Papa ha incontrato gli
operatori pastorali, che gli hanno riservato una calda accoglienza. A loro ha raccomandato di "edificare con ferma mitezza quel Regno di Dio nel quale l’amore, la giustizia e la pace si oppongono a ogni forma di egoismo, di violenza e di degrado". Poi si è soffermato sul servizio tra le detenute, nelle carceri, svolto dalle suore. Davanti al Ministro della Giustizia bahrenita, presente all'incointro come rappresentante del governo, il Papa ha ricordato: "Prendersi cura dei detenuti fa bene a tutti, come comunità umana, perché è da come si trattano gli ultimi che si misura la dignità e la speranza di una società".
Infine ha ringraziato il re per la magnifica accoglienza ricevuta in questi giorni, e quanti hanno organizzato la visita. In una sala del complesso del Sacro Cuore ha ricevuto come ultimo atto del viaggio alcuni fedeli provenienti anche da altre parti della regione del Golfo, ringraziandoli per la loro testimonianza.


Papa Francesco nella chiesa del S. Cuore in Bahrein, dove domenica ha incontrato gli operatori pastorali prima della partenza

Papa Francesco nella chiesa del S. Cuore in Bahrein, dove domenica ha incontrato gli operatori pastorali prima della partenza - Muolo

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