mercoledì 24 aprile 2013
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Vincere per un soffio. Perdere per un nonnulla. Presentarsi da favorito sul rettilineo e farsi infilzare sul traguardo. Queste sono state le elezioni in Friuli Venezia Giulia. Vittoria della formazione derelitta, sconfitta dei baldanzosi e dei rampanti. Ma è stato anche molto altro. È stato il crollo verticale della partecipazione, un baratro di 20 punti di percentuale in meno. Un elettore su due vota: bicchiere mezzo pieno. Ma uno su due non vota: mezzo vuoto. E una constatazione drammatica: quando i votanti sono così pochi, in realtà potrebbe non aver vinto nessuno ma aver perso, inequivocabilmente, la democrazia rappresentativa.Queste cose siamo convinti che la vincitrice le sa. Ma forse non sa se dirle né come dirle. Per il momento ne ha dette altre: alcune serie e ragionevoli, altre meno. A noi piacerebbe sentire anche quest’altre. Che, per gioco, le mettiamo in bocca.«Chi mi ha votato mi perdonerà. Ma il mio primo pensiero non è per loro, che pure ringrazio. Il mio primo pensiero non va ai presenti, ma agli assenti. Va a quel 48,45 per cento di friulani che per mille motivi diversi non ha votato. Vorrei essere anche la loro governatrice. E mi impegno, assieme a tutti i miei collaboratori, ai militanti del mio partito, a chi mi ha votato, e anche all’opposizione, a capire perché, perché non hanno votato. La politica deve diventare di tutti, e di tutti il piacere di partecipare, e di tutti il Friuli Venezia Giulia. Altrimenti, tutti avremmo perso.«Scriveva Christopher Lasch che la "fuga dalla politica" da parte dei cittadini può non denotare affatto un ritiro dalla politica, ma annunciare le fasi iniziali di "una rivolta politica generale". Se è vero, la "rivolta" dovrà essere positiva, non negativa; la rivolta di chi insorge per costruire, non per distruggere. Ma questo dipende in gran parte da noi amministratori, noi politici. A noi, e nessun altro, tocca fornire ai cittadini delusi gli strumenti per costruire: carta e matita per disegnare i progetti, mattoni e legno e colori per realizzarli. Tocca a noi.«Tocca a noi non predicare l’onestà, non pretenderla agli altri, ma dimostrarla. Onestà, ossia trasparenza, generosità, passione nel fare politica. È moralismo? "L’onestà è la miglior politica": non l’ha detto un moralizzatore del Duemila, ma un grande scrittore di quattro secoli fa, Cervantes. E un secolo e mezzo dopo era un intellettuale lucido e arguto, Voltaire, a dire: "La più grande politica è essere onesti".«Il primo obiettivo della mia amministrazione? Se la priorità è la partecipazione, mi dichiarerò vittoriosa soltanto quando "i problemi della comunità saranno familiari al singolo e per lui importanti quanto le sue faccende private". Sono parole di Erich Fromm e le faccio mie sapendo quanto pesino. Se non ci riuscirò, per quanto i numeri oggi dicano il contrario, mi dichiarerò sconfitta».Auguri, presidente Serracchiani. E auguri ai suoi (e nostri) concittadini.
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