venerdì 12 aprile 2013
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Caro direttore,
abbiamo appena redatto il bilancio della 'nostra' piccola Onlus. Una Onlus vera, sia chiaro. È una piccola e preziosa realtà che gestisce un asilo nido che affianca un’altra associazione che si occupa di donne in difficoltà. Scopo dell’asilo è infatti prendersi cura gratuitamente dei bambini di queste ultime e nel contempo finanziarsi fornendo il servizio a pagamento, a chi ne faccia richiesta.
È fiorita una piccola realtà pedagogica per tutti, dove alla straordinaria professionalità delle maestre si affianca il volontariato di persone meravigliose. Dove bambini che vivono realtà difficili possono serenamente vivere al fianco di bambini provenienti da realtà più 'normali'. Il numero di iscrizioni in aumento denota il fatto che il servizio offerto è gradito, sia nelle persone che nelle strutture e copre l’esigenza molto sentita di supportare le famiglie con bambini, bambini che sono il nostro futuro e non ultimo di dare lavoro a persone che esprimono preziose doti professionali. Inoltre c’è il costante sforzo di creare comunità fra i genitori, le maestre, i volontari e tutti coloro che appoggiano a vario titolo l’associazione... Insomma da una piccola cosa, ecco tanti frutti che formano il tessuto forte della nostra società. Eppure il bilancio stenta, si fa fatica, sono venuti meno gran parte degli aiuti regionali e comunali. In fondo basterebbe molto poco...
5mila euro l’anno sarebbero sufficienti. Ed ecco che mi torna sotto gli occhi il ritaglio di giornale che avevo messo via sulla spesa di 16mila euro della Regione Lazio in penne di lusso da regalare. Penso che per certi politici cifre come 5mila o 10mila euro siano ridicolaggini, cose neanche da prendere in considerazione, la mancetta per farsi rimborsare le piccole spese... eppure da come ho appena esposto, si dovrebbe aver cura di ogni euro di danaro pubblico, quasi come fosse sacro, perché speso dove serve sul serio, diventa preziosissimo.
Fabio Contardi, Cremona
 
Ha perfettamente ragione, caro signor Contardi. Ci sarebbe ben poco da aggiungere alla sua lineare conclusione. Ma non posso fare a meno di sottolineare che l’impegno suo e della realtà non profit che lei contribuisce a far funzionare per sostenere donne in difficoltà e per tenere aperto un asilo nido verrebbe liquidato, persino sprezzantemente, da più di qualcuno come un affare «privato». Per costoro «pubblico» sarebbe solo ciò che viene fatto direttamente dallo Stato o almeno da un ente territoriale (Comune, Provincia o Regione).
Questo luogo comune è tra i più duri e stupidi e sembra inscalfibile nella testa anche di persone intelligenti (e normalmente informate) che sembra non riescano a capire che esiste un «privato sociale», animato da valori alti (sia cristiani sia laici) e rispettoso degli standard fissati dalla legge, che interpreta con sobrietà economica e gestionale, ottima efficienza e civilissima dedizione un servizio pienamente pubblico per sostanza e per il fatto di essere offerto a tutti senza alcuna discriminazione. I soldi pubblici vanno usati bene. E questo significa sia non sprecarli con insultanti e futili ostentazioni di potere, sia farli fruttare a dovere in termini di servizi ai cittadini. Che possono ben essere garantiti da una pluralità di soggetti coordinati da uno Stato che non pretende di essere esclusivo gestore, ma sa essere saggio regolatore. Il «welfare sostenibile» che sogniamo – e che, in tempi di spese pazze e impazzite, può salvare il meglio delle conquiste solidali del secondo dopoguerra europeo e italiano – o nasce così o difficilmente vedrà la luce.
Auguri sinceri e grati per il suo impegno.
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