Valori e obiettivi chiari per uscire uniti dalla prova
martedì 2 giugno 2020

I messaggi di Mattarella in una Festa della Repubblica speciale Un Sergio Mattarella «fiero» di un Paese che in questa «sorta di incubo mondiale» ha mostrato «il suo volto migliore» ha scelto di celebrare in “trasferta”, oggi, la Festa della Repubblica. A Codogno, dove tutto è iniziato e dove per primi si sono intravisti i segni di una lenta risalita. Prima una sobria cerimonia all’altare della Patria – niente sfilata, nessun bagno di folla – opportunamente sarà il supremo Garante a farlo, per tutti, come sempre, evitando celebrazioni di parte che si sarebbero comunque prestate a una nuova contrapposizione, nel momento più sbagliato. Il richiamo alla coesione nazionale, troppe volte derubricato come un bonario discorso da buon padre di famiglia, ieri si è fatto appello pressante a ritrovare una nuova «unità morale», come avvenne nel durissimo eppure fruttuoso periodo costituente, al termine della pagina più buia dello Stato unitario e di una guerra che oltre ai lutti portò devastazioni economiche e sociali difficili da risanare.

La visita del Presidente in terra lombarda nella giornata di solito dedicata ad aprire le porte del Quirinale al popolo italiano simboleggia l’abbraccio virtuale a quella martoriata parte d’Italia dell’intero Paese, chiamato a reagire insieme, con fiducia e coraggio, alla prova da brividi che ha davanti e ausare al meglio le grandi risorse che si stanno mettendo in campo. Il momento più difficile della settantennale storia repubblicana vede protagonista di questa sfida una classe politica in larga misura selezionata nel dibattito dei social che hanno – certo – favorito immediatezza e trasparenza nella comunicazione politica, ma possono anche indurre – e troppo spesso inducono – a una tragica eterogenesi dei fini, in cui la raccolta del consenso da mezzo per essere legittimati a farsi carico del bene comune diventa il fine stesso delle dichiarazioni e delle scelte politiche.

Potremmo mettere in fila le tragiche risultanze di questa inversione. Le tentazioni di uomini della magistratura di offrirsi come fiancheggiatori di una parte politica. Le tendenze irresponsabili che si registrano qua e là a cavalcare la comprensibile voglia di libertà dei giovani, con l’obiettivo di ridicolizzare norme tuttora in vigore e l’autorevolezza stessa delle autorità centrali o regionali che le hanno emanate. Un po’ di rispetto in più lo si dovrebbe almeno per le vittime e per chi ancora lotta fra la vita e la morte in ospedale. E per le famiglie tuttora costrette a farsi carico da casa delle incombenze scolastiche.

Una «ferita per tutti», la ha definita Mattarella in un messaggio, quella di scolari e studenti costretti a chiudere un anno scolastico senza nemmeno potersi dare un saluto dal vivo. Di fronte a polemiche astiose, fuori luogo, sarebbe però troppo facile prendere spunto dal sacrificio delle famiglie, degli operatori sanitari per ricavarne la solita semplicistica contrapposizione fra “società civile” e istituzioni.

L’Italia – o le istituzioni italiane, prescindendo da chi ne detiene la responsabilità in questo momento – è stata protagonista in queste settimane difficili di un processo che vede ora profilarsi uno scenario impensabile solo pochi mesi fa, in un’Europa che, come ha richiamato ieri Mattarella, sembra aver «ritrovato l’autentico spirito della sua integrazione». E dunque la cerimonia di oggi a Codogno vuole essere anche il simbolo di un’Italia che sappia fare di un sano “patriottismo” la vera bussola dell’agire politico, superando la tentazione di forze contrapposte di riconoscersi solo nelle istituzioni in cui si è parte della catena di comando. Nello stesso spirito può essere collocata la successiva visita a un’assoluta eccellenza come l’ospedale Spallanzani, laddove – purtroppo – anche la comunità scientifica non si è mostrata sempre immune dalla tendenza alle contrapposizioni e ai protagonismi individuali, rischiando di offuscare così gli indubbi meriti maturati sul campo nel combattere un virus che abbiamo imparato a conoscere poco alla volta e non ancora del tutto.

Non è superfluo sottolineare che o l’Italia saprà riscoprire, tutti insieme, il suo essere una comunità nazionale, remando tutti nella stessa direzione – pur nelle diverse visioni che sono il sale della democrazia – o sarà molto difficile uscirne. E i numeri di una crisi impetuosa che si preannuncia ricordano a tutti che non sarà possibile farcela senza una prospettiva europea che sappia farsi, nell’auspicio di tutti, solidale e concreta.

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