domenica 29 marzo 2009
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Gianfranco Fini nel suo discorso congressuale davanti al neonato Popolo della libertà ha deciso di inserire un polemico passaggio a proposito del testo di legge sulla fine della vita che il Senato aveva approvato giovedì scorso in prima lettura. «Siamo sicuri che il ddl sia davvero laicità?», ha testualmente domandato il presidente della Camera. E subito, con uso oggettivamente leggero di termini pesanti, ha dato la sua risposta: «Quando si impone per legge un concetto, siamo più vicini a uno Stato etico che laico». Valutazioni analoghe sono riecheggiate in un ristretto gruppo di vecchi e nuovi sodali, mentre risposte di assai diverso tenore arrivavano da tantissimi esponenti del Pdl. Qualche domanda sorge spontanea anche in noi, da interessati spettatori della dialettica interna a quell’importante soggetto politico. Se ribadire, secondo una millenaria visione umanistica, la indisponibilità della vita umana significasse davvero – per dirla con Fini – «imporre un concetto da Stato etico», perché mai l’eventuale statuizione della disponibilità della vita dovrebbe essere qualcosa di diverso? Perché, allora, il presidente della Camera ha ritenuto di dover platealmente forzare i termini di un provvedimento legislativo delicatissimo e reso urgente dalle sentenze creative e pervasive di alcuni magistrati? Non era forse più attinente chiedersi a quale gradazione dello Stato di diritto si attestavano quelle stesse sentenze? E perché Fini ha preso di nuovo e pubblicamente di mira un ddl al quale sarà presto tenuto, in ragione del suo alto ufficio, a garantire un iter lineare e sereno, nonostante le strumentalizzazioni che sono già state massicciamente messe in campo e, in parte, vengono ancora annunciate? Un ulteriore interrogativo riguarda infine non l’uomo delle istituzioni, ma il capo politico. L’ex leader di An, che a suon di citazioni ha mostrato di navigare disinvoltamente nella vasta semantica della laicità, crede davvero che per far risaltare in modo convincente il proprio profilo nel tempo nuovo del «grande partito unitario del centrodestra» gli sia concretamente utile esibire un tale cipiglio laicista?
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