Una risposta sbagliata alle domande inascoltate
sabato 20 giugno 2020

«Ho provato un grande dolore arrestando quei ragazzi ventenni. Lo dovevo fare ma avevo davanti due giovani vite già segnate. E ho provato a guardare dietro al reato. Lo dico anche da credente ». Così mi ha confessato pochi giorni fa un bravo investigatore romano, dopo l’arresto di tre giovanissimi che avevano messo in piedi un’efficientissima organizzazione di consegne a domicilio di cocaina. Tre criminali, sicuramente, con non pochi precedenti malgrado la giovanissima età. Ma anche tre vite dalla strada quasi obbligata. Un quartiere simbolo di degrado e illegalità (a torto e a ragione), genitori sicuramente non esempio di vita, tra carcere e spaccio. Un padre morto troppo presto. E poi la droga, e i soldi apparentemente facili che ti riempiono le tasche.

Boss ragazzini. Capaci di vendere. Tanto. In tutta la città. In modo spregiudicato, addirittura sorprendente per inclinazione a delinquere. E che si erano inventati un sistema di spaccio coi pony express. Che funzionava alla grande, anche perché tanti comprano. E in un mercato gigantesco come quello della Capitale, c’è posto per potenti gruppi mafiosi e per poco più che imberbi ragazzi. Una città ridotta a terreno di affari sporchi, dove molti sono tentati di entrare. Terreno ricco e minato, come ci ricorda la drammatica vicenda dell’omicidio del non meno giovane Luca Sacchi. Terreno per neofiti e per chi ha quasi il percorso già deciso.

«E che altro potevano fare? Qualcuno li ha aiutati?», si domanda ancora l’investigatore fuori da ogni ragionamento poliziesco. Già. Roma sembra non capire: allontana, ignora, nega questo mondo criminale sempre più pervasivo e giovanile. Nascosto, ma ben noto. Per chi vuol vedere. Mafia, certo, e non solo. Già riconoscerne l’esistenza sarebbe un primo passo. La droga, lo spaccio, non sono frutto di alieni, di mafiosi importati, ma cosa nostra, figli nostri, di questa città. Non basta l’impegno di magistrati e investigatori, pur se attenti e sensibili. Arriva sempre dopo, a cocci rotti. Blocca, arresta sequestra. Ma poi, malgrado il dettato costituzionale, il carcere non aiuta certo a recuperare quelle giovani vite. Blocca (per un po’) il reato, non cambia la vita. Tranne pochissimi casi. Anzi molto più spesso è 'medaglia al valore' e 'scuola'. Criminale, ovviamente.

Serve un 'prima' positivo. Ma cosa ha offerto quel quartiere ai tre giovani baby criminali? Quali proposte, quali valori, quali facce credibili, quali luoghi accoglienti? Ed è davvero l’ineluttabile destino di chi nasce e cresce in ambienti criminali, sia grandi che piccoli? L’esperienza di Reggio Calabria, il protocollo 'Liberi di scegliere' che vede coinvolti il Tribunale dei minori, Cei, Libera, ministeri della Giustizia e dell’Istruzione, dice che un’altra storia è possibile e che c’è - e può essere offerta - un’opportunità per cambiare. Tant’è che la risposta c’è stata. Da parte di minori e di donne. Mamme, capaci di rompere gli schemi e di 'tradire' la malavita per salvare i figli. Storie di ’ndrangheta (ma ne arrivano anche dalla Puglia e dalla Sicilia). Di quella mafia chiusa e violenta, che cresce i figli per un futuro già deciso. Eppure il percorso di salvezza e di rinascita sta funzionando. Nulla è perduto, niente è già deciso, per nessuno. Un’esperienza da esportare? Forse. Certo conferma che anche nei territori più difficili, è possibile cambiare. Ma serve investire in case (non tanto mura, quanto posti di vita vera), in educazione e cultura (scuole ma non solo), in lavoro, non nero e sottopagato, non dequalificato, clientelare e senza dignità. Servono persone capaci di ascoltare, capire, condividere, proporre... Non sterili e moralistiche chiacchiere sul 'non fare qui, non fare là', ma fatti concreti. Che costruiscono insieme un presente e un futuro diversi. Un’alternativa vera, da sognare e realizzare. Altrimenti i soldi facili della droga, anche se magari per poco tempo, saranno l’unica e semplice risposta. Di una vita senza futuro. Poi toccherà agli investigatori. Lo faranno come sempre con professionalità, anche se 'con dolore'. Sapendo bene che c’è già pronto qualcun altro, magari ancor più giovane, a imboccare la strada. Quella della bianca illusione della coca, risposa facile e sbagliata alle domande inascoltate.

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