venerdì 6 dicembre 2013
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È tempo di fiere. Tutto l’anno in verità, ma quelle che si celebrano in tardo au­tunno hanno un sapore particolare. Le fie­re, insomma, sono diventate nel tempo u­no scambio di saperi, di arti, che venivano messe in piazza per beneficio di tutti. E si svolgevano all’aperto, tanto che le piazze dei paesi italiani vennero concepite anche per questo scopo, essendo gli animali i pro­tagonisti di molte di queste esposizioni. Ma, a parte alcune manifestazioni che so­no rimaste in vita con soddisfazione, l’ac­cezione di fiera si è modificata nel tempo f­i­no ad arrivare a un luogo chiuso, che esiste quasi per ogni città, con la presunzione di creare un indotto per tutte le altre attività. Ma non sempre è così e la polverizzazione di strutture fieristiche, oggi, rischia il col­lasso.
Una delle rare eccezioni di fiera, che sembra aver mutuato proprio l’adagio dei raduni rurali, è l’Artigiano in Fiera, che si svolge ancora in questo weekend a Milano, nei padiglioni di Rho-Pero. Un’esposizione costruita anno per anno, che ha la sua forza proprio nell’artigianalità degli espositori che arrivano da ogni parte: 113 i paesi rappresentati e 2.900 gli esposi­tori. Non è una fiera settoriale, ma neppu­re generalista: è una fiera dedicata al tema del lavoro, soprattutto delle piccola impre­sa famigliare che svolge ancora una ma­nualità unica, ereditata dal passato. E ov­viamente c’è anche tanta alimentazione della tradizione italiana.
Ora, questa fiera che ogni anno arriva ad accogliere un nu­mero di persone che si legge in milioni, ha pensato di diventare stabile con una piat­taforma web, Make Hand Buy​, per cui sarà possibi­le intercettare in rete tut­ti gli artigiani incontrati ad «AF». Un segno dei tempi, certamente, ma anche un superamento del concetto espositivo tradizionale. Per chi come me la visita tutti gli anni, fin dall’inizio, questa fiera è principalmente una scuola di comunica­zione, dove non sempre l’apprendimento è assimilato, soprattutto da parte di quegli enti locali che continuano a presentarsi in maniera folkloristica, talvolta col vino of­ferto nei bicchieri di plastica. Avete mai visto un francese fare lo stesso? E i tedeschi come si presentano? Ecco, la scuola è dettata da que­sta possibilità di osserva­zione, preziosa quanto mai oggi, alla vigilia di un Expo dove rischiamo di rappresentare la nostra polverizzazione, ridicola e inefficace. Anche per­ché alle fiere di un tem­po (come anche ad AF), ci si va per progredire, non principal­mente per autocelebrare. E l’Expo è esat­tamente questo.
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