mercoledì 6 marzo 2013
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Dagli Stati Uniti, Paese di straordinarie opportunità e grandissime contraddizioni, sono giunti ieri due dati che pur avendo natura assai diversa meritano di essere accostati. Da una parte l’indice della Borsa di Wall Street, che superando i 14.200 punti ha fatto segnare il nuovo record storico. Dall’altro la cifra fornita proprio dal quotidiano di riferimento dei mercati, il Wall Street Journal, sulle persone che nella Grande Mela dormono ogni notte nei centri di assistenza: a gennaio sono stati 50.000, e tra questi ben 21.000 bambini (un giovane newyorkese ogni 100!) il 22% in più di un anno fa.I numeri della Borsa e quelli dei senza tetto rappresentano la fotografia più precisa che si possa dare della vera natura di questa crisi e delle risposte che si stanno mettendo in campo per tentare di fronteggiarla. Una crisi che ha avuto nella finanza, con i suoi eccessi e le sue distorsioni, il carburante che l’ha prima preparata, poi alimentata e infine fatta detonare travolgendo l’economia reale distruggendo progetti e illusioni. E un mondo che continua a individuare nella finanza e nel doping finanziario lo strumento per tamponare le falle di un modello economico in grave difficoltà nell’assolvere il compito di assicurare giustizia e sviluppo sostenibile, e sempre alla ricerca di nuove prede da spolpare.L’ultimo record della Borsa americana risale all’ottobre 2007, l’anno dello scoppio della bolla dei titoli collegati ai mutui subprime ad alto rischio. Per questo il balzo di ieri, che ha portato una ventata di ottimismo anche nelle piazze europee, ha una forte valenza simbolica: i listini hanno annullato quasi sei anni di turbolenze e varie recessioni. Con un dettaglio non irrilevante: che sotto questa nuova bolla c’è un’economia fragile e claudicante, quando non a pezzi, sistematicamente esclusa dal banchetto dei mercati.A certificarlo non è solo la cifra delle famiglie senza tetto nella "capitale del mondo" – dal 2002 l’aumento sarebbe stato addirittura del 72%. È anche e soprattutto la disoccupazione americana che nonostante gli sforzi delle autorità monetarie fatica a scendere sotto il 7,9%, e quella europea che viaggia intorno al 12%, con 19 milioni di cittadini in cerca di lavoro. E sono le previsioni di crescita appena rosee per gli Usa, ma nient’affatto incoraggianti per il Vecchio Continente, ancora invischiato nella recessione e solo da poco persuaso del fatto che ricavare ossigeno dalla sola austerità è un po’ come riuscire a produrre oro con la pietra filosofale.Il problema è che la direzione dei mercati ha un perché. È il risultato delle colossali iniezioni di liquidità che le banche centrali stanno immettendo nel sistema, confidando che prima o poi questa ricchezza artificiale riesca a beneficiare anche l’economia reale. Nei fatti questo non sta avvenendo, se non in minima parte. Dal 2007 la Federal Reserve ha immesso nel sistema finanziario quasi 2mila miliardi di dollari di liquidità e continua a comprare titoli di Stato e bond immobiliari per 85 miliardi al mese, mantenendo il costo del denaro allo zero. La Banca centrale europea non è da meno (come la Banca d’Inghilterra e quella del Giappone), con quasi mille miliardi già prestati alle banche a costo irrisorio.Ora, tanti soldi in circolo e a tassi prossimi allo zero hanno una ragione evidente e un effetto scontato: da un lato servono a tenere in piedi un sistema bancario ben lontano dal vedere risolti i propri problemi – mentre la crisi sta facendo lievitare le sofferenze – e dunque in forte difficoltà nel concedere credito a imprese e famiglie; dall’altro rappresentano un incentivo formidabile a indebitarsi per investire e speculare nelle Borse. È per questo che i mercati tendono a volare alto, ma di un volo che rischia di non condurre molto lontano. Ed è per questo che la speranza di un atterraggio morbido passa solo dalla rinuncia unilaterale e graduale all’uso massiccio del doping, rimettendo l’economia sul gradino più alto e la finanza al servizio dello sviluppo.
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