mercoledì 22 giugno 2016
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Le notizie che ci colpiscono di più sono quelle di vicino a casa nostra: ci riguardano. C’è un paese, una piccola città, qui vicino a me, che ho sempre sentito come importante, perché vi accadevano cose importanti ma silenziose: pochi se n’accorgevano. Si chiama Santa Maria di Sala, territorio veneziano, al confine con la Marca Trevigiana. Aperta campagna. Strade in continua rivoluzione, il Tom Tom impazzisce. Quando questa parte d’Italia diventò, con la Baviera e Osaka, l’area più produttiva del mondo, in quella piccola città s’insediò la più alta intensità di aziende di tutta la nazione: praticamente ogni famiglia aveva una partita Iva. Michele Santoro venne con la sua troupe a piantarci un servizio. Scendeva negli interrati delle abitazioni (dove stavano le fabbriche) e con la telecamera riprendeva tutto, macchine e operai. Ma ecco la sorpresa: la padrona di casa, moglie dell’imprenditore, arrivava trafelata con le lenzuola e copriva le macchine. «Perché?», «Perché mio marito le ha modificate per farle rendere di più, ma non ha brevettato le modifiche, e non vogliamo che gli altri le vedano e le copino». Questo è un grande popolo, e la nazione non lo sa. A Santa Maria di Sala c’è un immenso supermercato di vestiti, con uno sterminato parcheggio. Negli anni del boom c’era un viavai di clienti che s’intruppavano verso le numerose casse. Adesso il parcheggio è quasi vuoto, e le casse sono una sola. La parola 'crisi' a me fa venire in mente questo. Come in tutti i paesi di campagna, anche a Santa Maria di Sala contano molto la Chiesa e la parrocchia. I piccoli e grandi drammi le chiamano sempre in causa. Esattamente un anno fa, di questi giorni, il parroco, una sera, appena uscito ritornò subito indietro, perché aveva dimenticato delle carte. Tornando, trova ai piedi della porta un fagotto. Con dentro una bambina. La raccoglie, avverte i carabinieri, chiama le suore, la piccola è salva, lancia un appello alla madre, che però non si fa viva. La piccola è ancora presso la coppia che l’ha adottata. Ha un nome molto bello. Domenica scorsa, il bis. Una donna del luogo va a gettare la spazzatura nel cassonetto, il cassonetto non si apre, la donna cincischia un po’, e in quel mentre sente il miagolio di un gatto. Va dietro il cassonetto e non è un gatto, dentro un sacchetto di plastica, di quelli per la spesa, c’è un bambino, nudo, col cordone ombelicale da tagliare, che piange. Telefonate, 118, ospedale…: il bambino è salvo, e sta bene. Novità: ha il nome già pronto, perché il paese ha una lista di nomi già stabiliti, per queste evenienze, e bisogna seguirla: il suo comincia per A. Un sospetto: la casa del parroco non è lontana, ma in quel momento era piena di gente e di rumori, forse la madre che voleva abbandonare il figlio voleva fare il bis dell’anno scorso? Depositarlo davanti alla canonica e scappare?  Altre domande: ma allora qui, nel cuore di quello che fu il motore economico della nazione, non hanno una culla salva-vita? La madre ha lasciato aperto il sacchetto di plastica, perché il piccolo potesse respirare: ma allora lo ama? E perché il paese ha una lista di nomi pronti per i bambini che saranno trovati in futuro: si prevede dunque che la serie continui? Tra i funghi e la terra dove spuntano, c’è un rapporto: quella terra è piena di ife, è fatta per generare funghi. Questa terra veneziana-trevigiana è generosa, produttiva, lavorativa, fino all’impensabile. E se il mondo sapesse com’è, «assai la loda, e più la loderebbe». Però qui si sono insediate civiltà diverse e opposte, in rapida successione: contadina, della penuria, dell’emigrazione, dell’industria, del boom, del commercio con l’Europa, della crisi dell’Italia e dell’Europa… Ora tutta l’area è in transito, in attesa di una nuova civiltà, di nuove regole, di un nuovo odine economico. C’è un rapporto tra l’abbandono dei neonati e questo vuoto di civiltà, questa mancanza di sicurezza, questa attesa di una ripartenza che non parte mai? Il transito è faticoso e ingovernabile, tutti ne fan le spese, ma più di tutti i più deboli, i bambini, appena nati o non ancora nati.
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