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Caro direttore,
mi rivolgo a Nicoletta Martinelli a proposito di Popotus. Le premetto che sono un nonno con due nipoti, una di tredici anni e uno di quattro. Cerco di invitarli alla lettura di Popotus ogni giovedì. Il mio consiglio riguarda la dizione sotto il titolo “Giornale di attualità per bambini”: ecco, a me pare che tale definizione sia da modificare, in quanto la ragazza è un’adolescente e non più bambina, mentre il ragazzino è ancora troppo piccolo per apprezzare il contenuto di Popotus. Leggo anch’io il giornaletto e lo trovo interessante, adatto ai ragazzi che frequentano la scuola media (come mia nipote) per tenerli informati sui fatti e le curiosità del mondo. Come le dicevo, la dizione “per bambini” può costituire un inciampo. La ringrazio dell’attenzione e del lavoro che svolge assieme ai suoi collaboratori. Cordiali saluti.
Pierluigi Fabbro Gentile signor Fabbro, il direttore mi affida la risposta alla sua lettera e voglio cominciare ringraziandola: invitare sua nipote a leggere Popotus è una dimostrazione di fiducia e apprezzamento di cui le siamo riconoscenti. Però ha ragione lei, la sua ragazza: Popotus è roba da bambini, più precisamente quelli tra gli otto e gli undici anni. La semplicità del lessico e della sintassi sono adatti a chi frequenta il secondo ciclo della scuola primaria, dove Popotus è diffuso in migliaia di classi, un’iniziativa in corso da tempo, con sempre nuove (o rinnovate) richieste. Le pagine sono scandite in modo che anche i lettori inesperti trovino articoli da affrontare da soli, per argomento, complessità e lunghezza. E ci sono servizi più articolati, che prevedono una certa dimestichezza con la parola scritta, più capacità di concentrazione e comprensione, ma comunque alla portata di lettore bambino: Popotus non vuole essere troppo facile da affrontare, perché superare piccole e grandi difficoltà è l’unico modo per progredire. Soprattutto nella lettura, un procedimento lento, individuale e attivo, che produce riflessione anche grazie alle riletture che consente. Ciascuno affronta il testo scritto in un modo tutto suo. Nei suoi (primi) 27 anni, Popotus ha ricevuto altre volte la richiesta che ci ha fatto anche lei, gentile signor Fabbri, e sempre da un nonno. Al punto che – era il maggio 1999 – chiedemmo il parere dei lettori: dobbiamo cambiare la testata e sostituire il termine “bambini” con “ragazzi”? Risposta decisa e unanime: no. I nostri lettori rivendicavano l’orgoglio di essere bambini, soprattutto pretendevano che Popotus restasse “il loro giornale”, unico del suo genere, allora come oggi, nel panorama editoriale italiano. Rivolgendoci ai bambini circoscriviamo parecchio il nostro pubblico, ma se definissimo Popotus giornale di attualità per ragazzi perderemmo in identità. Perché quanti anni ha un ragazzo? Tredici? Quindici? Diciassette? O dieci? Per finire, mi permetta un consiglio non richiesto: condivida con la sua nipotina tredicenne la lettura di “Avvenire”, gli articoli meno complessi tanto per cominciare; la farà sentire grande e avrete un bel po’ di materiale su cui ragionare o discutere.