mercoledì 16 ottobre 2013
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Il vero rischio, che sembra scongiurato, era quello del gioco delle tre carte, nel quale noi italiani siamo campioni mondiali. Una manovra finanziaria che prevedesse sì un taglio del cuneo fiscale sul lavoro, pagato però con una riduzione delle prestazioni sanitarie; la cancellazione dell’imposta sulla prima casa a prezzo di una tosatura dei risparmi e di un nuovo, ancora oscuro, tributo: la Trise, primo caso di tassa "una e trina".La legge di stabilità varata ieri dal governo, però, non è questione di trascendenza, quanto di pura immanenza. Immanenza della recessione, della oggettiva fragilità politica di un esecutivo di "strana coalizione", dei vincoli che con l’Europa ci siamo dati e, non ultima, della necessità di non tagliare con l’accetta la spesa sociale. Esaminata sotto questa luce, allora, la manovra rivela in filigrana il tentativo – promettente anche se limitato – di avviare un reale percorso di svolta. Senza disegnare scenari irrealistici, senza «stampare moneta», ma iniziando a spostare, con prudenza, pesi e contrappesi per mantenere il Paese in equilibrio nei conti pubblici e contemporaneamente imprimergli una spinta affinché superi l’inerzia e riprenda a crescere. Così si possono giudicare gli 11,5 miliardi di euro di intervento per il 2014 e i 15 nel successivo biennio, con 5 miliardi di riduzione d’imposte per i lavoratori nel triennio e altrettanti di taglio del costo del lavoro per le imprese. Un alleggerimento di un punto della pressione fiscale, possibile grazie a 3,5 miliardi di tagli alla spesa pubblica, dismissioni immobiliari (queste si, c’è da sperare, sagge e realistiche…) e piccoli inasprimenti del bollo sulla gestione titoli. Troppo poco, secondo parte del sindacato e delle imprese, che insistono per un più consistente trasferimento di imposizione fiscale dal lavoro alle rendite finanziarie.In prospettiva però, ha annunciato ieri lo stesso premier, «altre risorse potranno arrivare da una norma sui capitali esportati illegalmente all’estero». E se davvero si riuscisse a finanziare la riduzione delle imposte per i contribuenti onesti presentando il conto agli evasori, l’operazione assumerebbe un valore anche più ampio di quello semplicemente economico. Così pure, il blocco dell’aumento dell’Iva che avrebbe gravato sulle cooperative sociali, il rifinanziamento del 5 per mille, della Social card e del fondo non autosufficienti segnalano una ritrovata sensibilità sociale, una boccata d’ossigeno dopo mesi, anni d’apnea per i più deboli. Non rivoluzioni, dunque, che in queste condizioni era impossibile attendersi, ma passi significativi in una direzione giusta. L’incognita semmai riguarda l’impatto effettivo che potranno avere sul clima generale di fiducia e sul ciclo economico. E determinante in questo senso sarà l’accoglienza del mondo produttivo.La legge di stabilità varata ieri notte in Consiglio dei ministri – lo ha sottolineato più volte ieri il premier – è infatti concepita in due tempi. Fondamentale sarà perciò il ruolo del Parlamento e delle parti sociali nel portarla alla definitiva approvazione, "riempiendo" alcune caselle mancanti, cogestendo, ad esempio, modalità e distribuzione degli sgravi fiscali per i lavoratori dipendenti. Un approccio innovativo quello dell’esecutivo, che riconosce il ruolo delle Camere e insieme chiama i corpi sociali intermedi a fare squadra e sostenere il cambiamento.Nei giorni scorsi Enrico Letta aveva confessato di «giocarsi tutto» con questa manovra. In realtà è una sfida che va molto al di là del futuro politico del governo e delle larghe intese. È l’ultima occasione per non far spegnere e anzi alimentare la fiammella della ripresa economica e insieme continuare a credere che questo Paese non sia necessariamente destinato al declino. È la nostra sfida, in cui noi per primi ci "giochiamo tutto": un’ipoteca di futuro. È questa la responsabilità che ora grava su parti sociali e Parlamento. Se in quelle sedi prevalessero corporativismi, o peggio interessi partitici strumentali, sarebbe esiziale. Il governo ha fatto la sua mossa. D’ora in avanti gli italiani scruteranno ogni singola scelta in Parlamento e ai tavoli con le parti sociali, noi siamo impegnati a tenere i riflettori accesi e a far capire a che gioco gioca chi ci rappresenta.
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