venerdì 24 luglio 2009
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Caro Direttore, debbo prima di tutto complimentarmi con i colleghi di Avvenire per la verifica che ha portato a smentire alcune notizie grottesche su preti e suore al volante e non solo. Onore al merito: nella tua redazione ci si preoccupa di controllare le notizie, come sarebbe preciso dovere di tutti noi giornalisti. La vicenda degli scoop fabbricati a tavolino in uno studio legale certo ci strappa un sorriso, così come può far sorridere la smentita riguardo ai gatti che avrebbero dovuto far compagnia al Papa in Valle d’Aosta. Ma proprio su quei gatti spariti nel nulla è scivolato il collega del Tg3 che ha pagato un prezzo molto doloroso per un commento che voleva essere spiritoso ed è risultato offensivo. Un episodio che suscita amarezza e spero possa innescare una seria riflessione in noi vaticanisti delle agenzie di stampa (così come l’omesso controllo su notizie provenienti da avvocati, quasi sempre prese per oro colato nonostante le spesso evidenti incongruenze, chiama in causa più direttamente i cronisti giudiziari). Negli ultimi tempi, infatti, sono accaduti troppi episodi sui quali c’è davvero poco da ridere. Dall’incidente di Ratisbona ai presunti attacchi del Vaticano al decreto sicurezza – che le pur ripetute precisazioni del portavoce padre Federico Lombardi non sono riuscite a riportare nel loro ambito di rispettabili e ben note opinioni personali di un autorevole prelato, interpellato in modo così frequente da apparire sospetto – si dipana un lungo elenco di fraintendimenti ed equivoci che hanno causato gravi danni di immagine al Papa e spiacevoli conseguenze anche sul piano internazionale. Il caso più drammatico è stato quello dell’estrapolazione dal contesto di alcune parole di Benedetto XVI sul tema dell’Aids – pronunciate sull’aereo che lo portava in Africa – che hanno provocato polemiche violentissime, culminate nelle prese di posizione anti-Papa di alcuni Parlamenti. Per ragioni sostanzialmente economiche – il costo proibitivo del viaggio – in quell’occasione poche agenzie di stampa ebbero il monopolio dell’informazione e solo dopo molte ore il Vaticano pubblicò il testo integrale delle considerazioni di Benedetto XVI dalle quali emergeva con chiarezza che il Papa non aveva affatto espresso nuove condanne riguardo all’uso del preservativo, ma semplicemente ricordato l’azione della Chiesa contro quella malattia. Purtroppo il danno era fatto: quei take di poche righe, privi della premessa fatta dal Pontefice e dello svolgimento del suo ragionamento, come del riferimento al progetto Dream della Comunità di Sant’Egidio, diffusi direttamente dall’aereo e subito rilanciati dai siti Internet, hanno monopolizzato l’intero sistema dei media con quello che era sostanzialmente un falso messaggio. Poche settimane prima analoghe incomprensioni erano state alimentate dall’estrapolazione – anche quella volta fuori dal contesto – di una battuta dell’osservatore permanente all’Onu riguardo alla posizione della Chiesa sulla proposta di risoluzione francese in tema di depenalizzazione dell’omosessualità. E così per diversi giorni il Vaticano fu accusato di volere la galera – se non addirittura il patibolo – per i gay. Ovviamente era un equivoco: l’arcivescovo Celestino Migliore aveva solo messo in guardia dal rischio di sanzioni per i Paesi che non equiparano le coppie gay al matrimonio, ma anche in tale occasione la superficialità dei resoconti ha causato devastanti tensioni. In tema di Onu c’era stato nel giugno del 2007 anche un equivoco circa un discorso del Papa alle Ong che ribadiva le note riserve della Santa Sede sulle politiche demografiche, ma era stato intitolato «Benedetto XVI attacca l’Onu», con una sconcertante forzatura poi denunciata dall’Osservatore Romano in un corsivo peraltro non ripreso dalle testate responsabili della manipolazione. Davvero tragico è stato nel gennaio scorso l’effetto, al momento della remissione delle scomuniche ai vescovi lefebvriani, dell’aver ignorato nei primi lanci di alcune agenzie l’affermazione fatta immediatamente dal portavoce vaticano sulla portata limitata del provvedimento, che – disse con chiarezza padre Lombardi in Sala Stampa rispondendo alle nostre domande – non copriva certo le posizioni negazioniste di mons. Williamson. Del resto, anche nel settembre 2006, a Ratisbona, padre Lombardi aveva messo subito in guardia i vaticanisti dal possibile equivoco sull’islam, avvertendoli di questo rischio ancor prima che il Papa pronunciasse la sua lectio magistralis : dichiarazione ignorata dai più, con le conseguenze ben note. Questi incidenti testimoniano di certo la necessità che le fonti chiarifichino in modo rapido le posizioni fraintese, ma anche tale sforzo, che finalmente si sta compiendo, non servirà se noi vaticanisti delle agenzie non garantiremo un’assoluta correttezza nel riportare parole e testi del Papa e della Santa Sede, come pure della Cei, resistendo alle pressioni di quanti sono interessati a strumentalizzare la Chiesa a fini politici e spingono a rappresentarla come facinorosa e capace di dire solo dei no. Personalmente vivo tutto questo come una sfida, ben consapevole della limitatezza delle mie personali possibilità, incoraggiato però dai segnali di onestà intellettuale che colgo in alcuni giovani colleghi.
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