giovedì 22 marzo 2012
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Ce n’eravamo dimenticati. O meglio, c’eravamo illusi che la rete del terrorismo islamico non pescasse più nelle acque d’Occidente. Ci stavamo abituando a pensare che al-Qaeda non fosse più in grado di colpirci a casa nostra, in Europa, com’era avvenuto con gli attentati spaventosi a Madrid nel 2004 e a Londra nel 2005. Speravamo, ed eravamo quasi convinti, che la follia omicida del Jihad, la guerra santa contro «gli infedeli e i crociati», fosse ormai in via d’estinzione dopo l’uccisione del suo capo Benladen e ancor più dopo la nascita dei nuovi movimenti popolari che hanno caratterizzato le "primavere arabe". La tragedia di Tolosa ci ha fatto ripiombare nell’incubo, come se una mano crudele avesse deciso di far girare all’indietro l’orologio della storia. Il killer che in micidiale sequenza temporale ha ucciso tre militari di origini maghrebine per poi compiere un massacro in una scuola ebraica è un giovane francese d’origine algerina e di religione musulmana che si professa militante di al-Qaeda. Aggiungendo il cinismo alla ferocia ha confessato d’avere un unico rimpianto «quello di non essere riuscito a uccidere di più». Un lucido, freddo e meticoloso assassino che sembra uscito da un romanzo horror, figura emblematica di un odio vasto e profondo come un abisso. Ma questo genio del male non è saltato fuori da un altro pianeta, non si è sprigionato da un mondo primitivo, rozzo e arcaico. È nato e cresciuto in mezzo a noi, dentro la nostra società occidentale, cittadino francese che come tutti i suoi connazionali ha appreso sui libri di scuola i valori laici di "liberté, fraternité, egalité", ma poi ha preferito voltare le spalle all’Occidente abbracciando la causa dei taleban, lasciando la bellissima "Ville rose" per rifugiarsi sulle montagne inospitali al confine tra Pakistan e Afghanistan. E così, eccoci riportati al problema centrale, messi di fronte a un "Cuore di tenebra", molto più oscuro di quello descritto nel romanzo di Joseph Conrad. Eppure, non c’è nulla di nuovo. Gennaio 2002, terroristi islamici sequestrano, uccidono e fanno a pezzi il giornalista americano Daniel Pearl. L’autore del brutale assassinio è Omar Sheik, amante del lusso occidentale, frequentatore dei campi da golf, inglese fluente imparato alla London School of Economics. Luglio 2005: gli attentatori al metrò di Londra risultano essere cittadini britannici di religione musulmana, nati e cresciuti nello Yorkshire. Tolosa 2012, la dinamica è la stessa, anche se questa volta a entrare in azione non è un gruppo di kamikaze con gli esplosivi, ma un attentatore solitario che spara agli innocenti. A differenza di qualche anno fa, al-Qaeda non ha più un potere di comando su organizzazioni sparse ai quattro angoli del mondo. Ma continua ad avere un influsso ideologico su singoli individui, giovani musulmani d’Occidente che decidono d’agire per proprio conto. Con il rischio di laceranti divisioni all’interno delle società europee, multi-etniche e multi-religiose. Anche noi, in Italia, siamo a rischio e il progettato attentato di una settimana fa alla sinagoga di Milano a opera di un giovane marocchino residente a Brescia è lì a ricordarcelo. E nella Francia che tra un mese è chiamata a eleggere il suo nuovo presidente, le stragi di Tolosa e Montauban rappresentano una miscela incendiaria. L’ipotesi dell’attentatore neo-nazista favoriva la sinistra di Hollande, pronta a denunciare l’estremismo della destra. Ora che è svelata l’identità del killer, tutto si complica. Sarkozy potrà rilanciare a gran voce l’allarme immigrazione giocando sulla paura per lo straniero. Ma se il nemico si nasconde dentro casa tua vuol dire che l’integrazione "alla francese" è fallita. La tragedia di Tolosa esige una riflessione dolorosa, un esame di coscienza che riguarda anche noi.
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