Toghe onorarie il punto decisivo
mercoledì 22 febbraio 2017

C’è modo e tempo di protestare ed è, questa, una considerazione applicabile a ogni tipo di lavoro o di diritto. Nel momento in cui scriviamo lo si può osservare a proposito dei tassisti e dei venditori ambulanti, ma anche dei magistrati onorari. Da ieri questi ultimi (giudici di pace, viceprocuratori onorari, giudici onorari di tribunale) sono nuovamente in sciopero per cinque giorni e ciò comporterà lo slittamento di circa 400mila processi, tra settore penale e settore civile.

La questione è seria, come ben sanno i nostri lettori, perché la denunciamo da anni: si tratta dei precari della giustizia, pagati a 'cottimo' in base alle udienze a cui partecipano, senza contributi previdenziali, senza diritto alle ferie, all’indennità di malattia e di maternità. La riforma della categoria che è contenuta in una legge delega dello scorso anno non ha sciolto questi nodi e ha perciò infiammato ulteriormente gli animi. Però una legge delega va attuata e, proprio nei giorni scorsi, la causa della magistratura onoraria ha fatto segnare una serie di punti importanti a suo vantaggio. Tanto da lasciar intravedere, per la seconda volta (la prima era seguita a un incontro con il ministro della Giustizia Andrea Orlando, le cui rassicurazioni non erano poi state pienamente trasferite nella riforma), uno spiraglio per uno sbocco concreto.

La prima mossa l’ha fatta il procuratore capo di Torino Armando Spataro il 7 febbraio, quando, in risposta a una lettera-appello dei 'suoi' viceprocuratori onorari ( Vpo), ha riconosciuto ufficialmente ciò che è già noto a chiunque frequenti i palazzi di giustizia italiani, soprattutto quelli delle grandi città: «Senza la magistratura onoraria molte Procure della Repubblica dovranno chiudere buona parte delle loro attività». Una sponda formidabile per gli 'onorari', che non a caso in Piemonte (ma anche in qualche altro distretto giudiziario) non hanno aderito all’astensione dalle udienze scattata ieri. Per altro, dopo l’uscita di Spataro, ben 82 procuratori della Repubblica hanno chiesto e ottenuto un incontro al ministro Orlando, al quale hanno illustrato una possibile via d’uscita che qui riportiamo in estrema sintesi: applicare stabilmente i magistrati onorari all’ufficio per il processo, ovvero all’organismo pensato per velocizzare l’amministrazione della giustizia.

Un meccanismo del genere, se ben articolato assicurano i procuratori - non creerebbe alcuna incostituzionale sovrapposizione tra magistrati ordinari e onorari, ma consentirebbe di sanare il 'precariato di Stato' di questi ultimi. Mentre scriviamo, le adesioni dei procuratori alla proposta sono salite a 110, su un totale di 140 Procure della Repubblica. E lo stesso ministro della Giustizia ha manifestato interesse, spiegando di attendere in proposito i pareri formali del Consiglio di Stato e dell’Associazione nazionale magistrati. Quest’ultima, per bocca del presidente Piercamillo Davigo, si è già detta possibilista, pur con tutte le cautele. Senza contare che sabato scorso, durante un sit-in davanti a Palazzo dei Marescialli, una delegazione di magistrati onorari è stata ricevuta dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, secondo il quale esistono «le condizioni per superare le difficoltà» della categoria.

Mai come adesso, insomma, il vento ha soffiato in favore delle sacrosante rivendicazioni delle toghe onorarie: il mondo 'ufficiale' della giustizia si è accorto di quanto sia necessario il loro lavoro e si è addirittura mobilitato. Ma il momento politico è delicatissimo, complici soprattutto le traversie del principale partito di maggioranza, il Pd, che potrebbero avere ripercussioni sulla tenuta del governo Gentiloni e sulla durata della legislatura. Una ragione in più per lasciare aperta la strada del dialogo, nella speranza di accelerare i tempi di una soluzione, anziché indugiare in uno scontro che, oggi, rischia di risultare dannoso.

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