mercoledì 22 agosto 2012
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Prima la venatura d’ottimismo nelle parole del presidente Monti, poi la "promozione" delle agenzie di rating. D’un tratto, in questa infuocata fine di agosto, sembra spirare un venticello fresco di ripresa sull’Italia. Quasi che, doppiata la boa del Ferragosto, la nostra navigazione, da tempestosa e continuamente a rischio naufragio come era stata da un anno a questa parte, si fosse fatta placida e sicura.Sì, è vero: gli dei della finanza – capaci di scatenare sui nostri mercati insidie peggiori di quelle riservate da Poseidone a Ulisse – sembrano aver placato la loro ira nei confronti dei nostri titoli. La speculazione più agguerrita insegue probabilmente altre prede, dando la possibilità ai nostri conti pubblici di rifiatare, senza doversi più affannare a tener dietro a tassi d’interesse in crescita impetuosa. Le manovre economiche così avranno maggiore agio e non finiranno per essere completamente risucchiate nel gorgo del deficit. Quasi fossero simili più a sacrifici immolati a dei falsi e feroci, appunto, che non ad azioni di politica economica a beneficio del Paese. Pensare per questo, però, che le coste di Itaca siano prossime, che la nostra odissea sia ormai all’ultimo libro, crediamo sia un’illusione. Quantomeno, per restare alla metafora, abbiamo ancora da passare tra la Scilla di una crescita da stimolare e la Cariddi di una spesa pubblica tanto mostruosa e tentacolare da rendere rischiosi quegli interventi – pure assolutamente necessari – come la riduzione delle imposte e gli incentivi a produzione e consumi.Se la crisi finanziaria del debito pare in attenuazione, infatti, quella economica è ancora nel pieno. E anzi rischia di sviluppare al massimo i suoi effetti negativi sui cittadini proprio in questi mesi a cavallo tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013. Quando si concentreranno le ricadute del Pil al record negativo (tra -1,9 e -2,5 le previsioni 2012, tra lo 0 e il -0,5% l’anno prossimo), della disoccupazione al picco più alto (oltre l’11%), con consumi ridotti al lumicino e con ancora mezzo milione di persone in cassa integrazione a zero ore. Difficile, a quel punto, avvertire sulla pelle la brezza della ripresa.E tuttavia occorre sfruttare fin da subito pure quel semplice refolo che, bontà loro, ora ci soffiano nelle vele anche le agenzie Moody’s e Fitch. Prendendo per buono, in particolare, il consiglio di non concentrarsi più esclusivamente sull’austerity e il taglio della spesa, visto che di interventi, anche pesanti, se ne sono già fatti abbastanza. Piuttosto c’è da stimolare la crescita, dicono i vaticini da oltre le colonne d’Ercole, e mettere mano alle riforme. Non più da "lacrime e sangue", come nel caso delle pensioni, ma quelle orientate a far funzionare meglio il nostro sistema economico, a rendere più trasparenti e competitivi gli attori sul mercato. Ancora più utili sarebbero interventi volti a colmare i ritardi del nostro Paese in materia di istruzione, accesso al lavoro, servizi alle famiglie. C’è infatti, in questi campi, un bacino potenziale di miglioramento dell’ampio spread sociale che ci separa dai nostri partner europei, in grado nel contempo di stimolare la stessa crescita economica.Un fisco maggiormente "amico" del lavoro e della famiglia, che tenga conto dei diversi carichi e liberi risorse; voucher per la formazione e il ricollocamento di giovani e meno giovani; assieme alla promozione di tutte le forme possibili di welfare sussidiario, su base mutualistica, sono solo tre esempi di interventi (a costi limitati) che possono essere messi in opera. Perché per riapprodare all’Itaca dello sviluppo serviranno venti buoni per parecchi mesi. Ma intanto ci si può mettere a "batter l’onde coi remi", secondo una rotta chiara e condivisa.​
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