sabato 10 ottobre 2009
COMMENTA E CONDIVIDI
Che cosa dovrà fare Barack Obama per meri­tare il premio Nobel per la Pace che ha vin­to ieri, tra la sorpresa generale? Se si vuole pren­dere sul serio il riconoscimento, la domanda non è provocatoria, né sottovaluta i meriti che il pre­sidente americano ha già maturato nei suoi pri­mi dieci mesi di mandato. Impossibile dissentire dal Comitato norvegese quando, nelle motivazioni, afferma che «solo ra­ramente una persona come Obama ha catturato l’attenzione del mondo». Ma non risulta neppu­re malevolo pensare che i giurati abbiano scelto anche – o soprattutto – un anti-Bush (in tutto, al­l’apparenza – dall’Iraq all’unilateralismo, dal cli­ma a Guantanamo –, forse un po’ meno nei fat­ti). Oppure abbiano pensato a un’incoronazione 'preventiva', giocando sulla parola chiave della dottrina strategica del predecessore alla Casa Bianca. Che cosa rappresenti oggi il primo afro-america­no a diventare leader dell’iperpotenza planetaria l’hanno colto in alcuni commenti Angela Merkel, il premier giapponese Hatoyama e Nicolas Sarkozy: ha creato una finestra di opportunità; ha instaurato un nuovo clima; ha riportato gli U­sa nel cuore di tutti i popoli. Si è spinto ancora più in là Shimon Peres, già insignito a Oslo: ha cam­biato lo stato d’animo del mondo. E vi è molto di vero in tutto questo. Tuttavia, si tratta delle pre­messe alla pace. Obama ha aperto tanti tavoli, mostrando un nuo­vo volto degli Stati Uniti. Ha cominciato con l’av­vio di un (lungo) ritiro da Baghdad, la guerra più controversa, quella che ha portato mezzo Piane­ta in piazza contro Washington. Sono seguite la disponibilità al dialogo con l’Iran di Ahmadinejad (che però stenta a decollare); la mano tesa all’i­slam dal Cairo in giugno; il rilancio di un ap­proccio multilaterale con il discorso di Berlino ri­volto all’Europa a luglio, la rivalutazione del ruo­lo dell’Onu nell’impegnativo intervento di set­tembre al Palazzo di Vetro e il varo del G20 a Pitt­sburgh come foro internazionale allargato di de­cisione. Sono seguiti l’allarme per il clima («Se non agiremo, rischiamo di consegnare alle futu­re generazioni una catastrofe irreversibile») e il forte appello al disarmo nucleare, la rinuncia al­lo Scudo anti-missile come disgelo verso Mosca, un tentativo di ripresa di trattative in Medio O­riente e i timidi segnali in direzione di Cuba, da decenni sotto embargo. Molte dichiarazioni d’intenti – come quella sulla chiusura di Guantanamo che potrebbe restare sulla carta – e ancora nessun risultato raggiunto al cento per cento. Obama ne è consapevole e perciò ha detto di interpretare il premio come «chiamata all’azione per tutte le nazioni nel XXI secolo». Rifiutarlo perché ingiustificato, secondo il suggerimento di qualche avversario, sarebbe stato un gesto più sprezzante che umile. Non re­sta al presidente che meritarsi il Nobel sul cam­po. E non sarà facile, a partire dalla difficile par­tita iraniana (in cui l’opzione militare non viene esclusa) e dalla Conferenza sul clima di Copena­ghen a dicembre, già minacciata dal fallimento. E la 'beatificazione' prematura potrebbe perfi­no costituire un peso più che un ausilio. Al di là delle pressioni per le aspettative (che un presi­dente americano porta comunque con sé), ave­re la massima onorificenza per la Pace sul bave­ro sarà d’imbarazzo quando serviranno fermez­za e voce forte. O nel momento in cui dovrà au­torizzare azioni di guerra, in Afghanistan all’or­dine del giorno. Ricordatevi di Willy Brandt, il cancelliere tedesco della Ostpolitik, premiato nel 1971, hanno detto a Oslo: i risultati si videro in seguito. Il Muro però cadde 20 anni dopo e le ragioni furono moltepli­ci. Meglio allora scegliere, con più coraggio, un dissidente cinese? Si potrebbe discutere a lungo dei pro e dei contro. Oggi festeggiamo Barack O­bama. È arrivato alla Casa Bianca con l’«audacia della speranza» (titolo del suo best-seller). Non possiamo che tifare perché il Nobel che ritirerà il 10 dicembre sia negli anni ben guadagnato in un mondo almeno più multipolare e con meno or­digni nucleari. Obiettivi oggi alla portata del pre­sidente «uomo di Pace».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: