giovedì 14 novembre 2013
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Nell’economia della globalizzazione gli Stati sovrani sono sempre più legati ed interdipendenti e sempre più chiamati dalle istituzioni internazionali a coordinare le loro decisioni per il progresso economico e sociale. Figuriamoci, poi, Paesi che si sono legati con un’unica moneta senza aver unificato le decisioni di politica monetaria e fiscale come gli Stati membri della Ue.Nelle ultime settimane il coro di critiche contro la politica tedesca, accusata di eccessivo rigore e di eccessiva accumulazione di surplus commerciali (arrivati a superare il limite superiore del 6% del Pil posto dalla Commissione europea), è cresciuto e ha coinvolto istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e il tesoro americano che hanno dato manforte alle tesi da tempo sostenute dai Paesi del Sud e da economisti come i premi nobel Joseph Stiglitz e Paul Krugman. Martin Wolf uno dei più autorevoli editorialisti del Financial Times si è spinto a sostenere che le responsabilità tedesche nell’attuale crisi dell’eurozona sono pari a quelle del sistema finanziario americano all’avvio della crisi finanziaria globale.Di cosa parliamo è presto detto. La partita dei saldi delle bilance commerciali deve essere in pareggio. Ovvero al totale dei saldi positivi dei Paesi che esportano più di quanto importano (per limitarci alla bilancia commerciale) deve corrispondere il totale dei saldi negativi dei Paesi che importano più di quanto esportano. E non è pertanto possibile, come ha concluso recentemente Krugman con la consueta ironia, pretendere come fa la Germania che tutti i Paesi seguano il suo esempio, perché non è possibile un’economia mondiale fatta di tutti Paesi in surplus. Fuori dall’ironia il problema è molto serio perché la Germania ha adottato negli ultimi anni (e pretende di imporre agli altri Stati membri) la politica mercantilista del "rubamazzo" dove ci si propone di rendere l’export più competitivo a scapito degli altri Paesi riducendo il costo del lavoro e deprimendo la domanda interna. Il problema è che se tutti i Paesi dell’area euro seguono questa strategia (come gli viene imposto di fare) diventa difficile trovare qualcuno a cui vendere visto che la domanda globale dell’area euro sarà la risultante della somma di domande interne depresse.La teoria macroeconomica condanna squilibri in entrambe le direzioni (deficit e surplus) perché i surplus eccessivi della Germania non reinvestiti nell’area euro producono apprezzamenti dell’euro stesso, rendendo più difficile l’aggiustamento dei Paesi in deficit. La Germania si appropria in sostanza di benefici in parte generati dalla mancanza di concorrenza degli altri Paesi membri con le svalutazioni competitive, ma non li restituisce sotto forma di vantaggi a questi stessi Paesi che sono costretti ad esportare a tassi di cambio più sfavorevoli fuori dall’area euro.E così, mentre negli Stati Uniti con l’avvento dei neokeynesiani al potere assistiamo a una Banca Centrale che mette le persone al centro, dandosi l’obiettivo prioritario di riportare la disoccupazione sotto il 7% (e ora secondo le ultime dichiarazioni al 5,5%), nella Ue la combinazione della logica mercantilista che deprime l’economia e di una Bce che gli stessi trattati inchiodano al mero controllo dell’inflazione produce l’effetto perverso di creare una forbice tra Paesi del Nord e Paesi del Sud e il serio rischio di avvitamento in una spirale di stagnazione e riduzione dei prezzi. Secondo i calcoli della commissione Ue riportati dal Financial Times la perdita cumulata di Pil prodotta dalla politica mercantilista tedesca è stata pari al 18% in Grecia al 9,7% in Spagna, al 9,1% in Francia, all’8,4% in Irlanda e persino, autolesionisticamente, all’8,1 in Germania tra il 2011 e il 2013.Quello che il mondo chiede alla Germania (e quello che Paesi più recentemente entrati nella logica del mercato come la Cina sembrano molto più disposti a fare) è di utilizzare il vantaggio di avere ingenti surplus per stimolare con le risorse accumulate la domanda dell’area euro. Questo obiettivo può essere perseguito in diversi modi. Non c’è bisogno di fare cose grossolane come sussidiare l’acquisto di prodotti del Sud Europa da parte dei consumatori tedeschi. Basterebbe usare il surplus per finanziare con molta maggiore generosità politiche fiscali espansive a livello europeo, il finanziamento di infrastrutture e di fondi di garanzia per prestiti alle imprese dell’area euro.
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