martedì 21 luglio 2009
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Diavolo di un Ferruccio Fazio. Con meno di dieci parole («Non è escluso un rinvio della riapertura delle scuole»), accennando alle possibili conseguenze di un’epidemia di influenza A, il viceministro alla Salute è riuscito a turbare il weekend di molte famiglie, a gettare lo scompiglio nel governo e a mettere a rischio la propria, attesa promozione a Numero Uno della Sanità. Vero è che lo stesso Fazio ha poi precisato che non era stata presa alcuna decisione al riguardo, ma la frittata ormai era fatta, costringendo il governo a correre ai ripari. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, che descrivono (giustamente) infuriata, al pari del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha protestato con il ministro del Welfare (ossia il dicastero cui fa capo anche Fazio) Maurizio Sacconi, ottenendo la diffusione di una nota nella quale si precisa che «nessuna misura di slittamento dell’apertura delle scuole è attualmente presa in considerazione». Un Fazio forse contrito, ma a nostro avviso non ancora rassicurante, ha definito ieri «ingiustificato» ogni allarmismo, aggiungendo che, grazie anche alla vaccinazione di strati limitati della popolazione, con il vaccino che dovrebbe essere disponibile entro la fine di ottobre (ma che, sottolineiamo noi, non è stato ancora testato per efficacia e sicurezza), egli conta di «chiudere l’epidemia entro il 2010». In attesa di quella chiusura, resta aperta una questione, delicatamente e duramente politica, come già a botta calda ha notato il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli: «Rispetto ad un problema serio quale è la salute e il rischio di una possibile pandemia... Berlusconi non può consentire che, da parte dell’esecutivo, vi possano essere messaggi discordanti... Qualcuno ha bisogno di una tirata d’orecchie». Ci associamo alla richiesta di metaforica tirata, che lascia comunque sperare perché anche i ciuchini come Pinocchio alla lunga possono redimersi e diventare saggi bambini, ma è chiaro che la stonatura di Fazio esige non soltanto il richiamo all’ordine del medesimo, ma una correzione di rotta generale, ossia l’adozione e il rispetto da parte dell’intero esecutivo di una strategia comunicativa all’altezza dei bisogni, che sono molti e crescenti, del Paese. Vogliamo dire che sarebbe desiderabile, anzi doveroso, che l’esecutivo si rivolgesse ai cittadini con una sola voce; che non soltanto in questo (cioè del diffondersi del virus H1N1) o in altri frangenti più o meno drammatici, ma anche nelle fasi più tranquille della vita nazionale il governo sapesse parlare con una voce limpida, coerente, consapevole, avveduta, responsabile, insomma in grado di guadagnare e mantenere, specialmente nei casi di emergenza, la fiducia degli italiani nella capacità dello stesso di far fronte, appunto, anche all’emergenza. Quanto all’influenza A, non siamo ancora all’emergenza, e forse non lo saremo mai. Ma gli errori di comunicazione vanno assolutamente evitati, perché l’allarmismo è il peggiore dei virus, perché la peggior pandemia è quella della paura, con tutti i rischi, non soltanto sanitari, già indicati dal Manzoni nella sua mirabile analisi della peste. Peste qui non c’è, ma, come potremmo dire?, «pestino», malessere fatto, più che di febbri, di disinformazione e di ignoranza, quella che per esempio porta ad illudersi che gli antivirali possano evitare l’insorgere della malattia. In conclusione, grande è la responsabilità del governo, ma non meno grande è quella dei mass media. Per limitarci all’ultimo esempio, sarebbe bene far sapere a tutti che l’uso a sproposito degli antivirali può avere come conseguenza la selezione di ceppi resistenti ai farmaci. Il virus oggi è veloce nel diffondersi, ma per dir così, di bassa statura: non facciamolo crescere.
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