domenica 29 dicembre 2013
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«Mio figlio non ha più infezio­ni polmonari da dieci me­si ». «Alla mia piccola avevano dato pochi giorni di vita, invece è ancora qui con me». Una litania della spe­ranza dai toni accesi – e in qualche momento anche comprensibilmen­te rabbiosi – quella andata in onda ie­ri mattina a Roma.
Un coro animato dalla voci di tanti genitori convinti che il metodo Stamina sia la strada mi­gliore per curare i loro figli affetti da malattie rare, quasi sempre gravissi­me.
Patologie così aggressive di fron­te a cui la medicina ufficiale spesso si dichiara impotente. «Prima non riu­sciva a nutrirsi, adesso si alimenta e ha ripreso a crescere». E a quel padre gli occhi si illuminavano, effetto di u­na volontà più forte di ogni ragione, più forte delle conclusioni unanimi a cui sembrano giunti gli scienziati, più forte delle tante incongruenze tecni­co-giuridiche sollevate nelle denun­ce inviate dagli Spedali di Brescia al ministero della Sanità.
Ma a un padre che lotta per la vita di un figlio posso- no importare questi aspetti burocra­tici? Può importare il fatto che l’ormai famigerato protocollo di Vannoni ri­manga tuttora qualcosa di più simile a una formula magica che a un docu­mento scientifico? No, a quei genito­ri non può importare. E noi non pos­siamo che augurarci con loro che pre­sto, prestissimo, questa astrusa e com­plessa vicenda venga chiarita una vol­ta per tutte. La comunità scientifica, le autorità sanitarie ma anche tutti noi che da mesi seguiamo passo dopo passo l’evoluzione del caso Stamina, lo dobbiamo alla sofferenza, all’an­goscia, alle notte insonni e tormenta­te di tante madri e di tanti padri.
Co­me genitori, siamo idealmente al lo­ro fianco, in un atteggiamento di con­divisione e di com-patimento non for­male. La loro speranza è la nostra. Co­me lo saranno indignazione e richie­sta di giustizia qualora si arrivasse a chiarire in modo non equivoco che dietro quel metodo c’è solo la desola­zione di un raggiro.
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