sabato 11 marzo 2017
Il presidente della Repubblica ha messo l'accento sul deficit del senso di comunità soprattutto tra i giovani
Spunti per ricostruire il senso di comunità
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Caro direttore,

nella ricca intervista rilasciata dal presidente Mattarella a 'La Civiltà Cattolica' per il traguardo del suo numero 4.000, e che 'Avvenire' ha anticipato nei suoi contenuti essenziali, mi piace segnalare tre preziosi spunti. Il primo figurava già nel suo discorso di insediamento: l’accento posto sul deficit di «senso della comunità» nel tempo dei legami liquidi. Per rigenerare le istituzioni si richiede un’azione simultanea e convergente dai due lati: certo istituzioni trasparenti e aperte al contributo dei cittadini oggi quantomai distanti e disamorati (Mattarella accenna soprattutto ai giovani), ma reciprocamente legami sociali e senso di comunità che soli possono vivificare le istituzioni. Mi chiedo se una certa enfasi retorica sui diritti civili intesi come meri diritti individuali (anche a sinistra) non rifletta e insieme alimenti quel deficit di legame comunitario e dunque di una visione dello Stato come comunità e non mero apparato erogatore di prestazioni e di servizi. Con il quale stabilire solo un rapporto funzionale.

Vi sottende una concezione distorta o comunque angusta della libertà che i sociologi Magatti e Giaccardi, alla scuola di Bauman, opporrebbero alla libertà generativa, relazionale, intergenerazionale, che fa del suo limite una sfida e una risorsa. Secondo: Mattarella, tuttavia, andando decisamente controcorrente, nota che talvolta la frattura tra cittadini e istituzioni «è meno forte di quanto essa venga conclamata». Azzardo una mia chiosa: un po’ tutti abbiamo letto l’esito del referendum costituzionale in chiave politica, anche perché così era stato impostato. Non lo nego. Ma forse vi è una parte di verità in un’osservazione fatta da pochi, Antonio Polito tra loro. Perché non leggere la seconda bocciatura referendaria di una grande, organica riforma (come già nel 2006, per iniziativa di un opposto schieramento) anche – sottolineo anche – in positivo come apprezzamento del valore della nostra vecchia Costituzione come Legge fondamentale, espressione e strumento del nostro 'essere comunità'.

Che mal sopporta una estesa riscrittura di essa operata da una sola parte. Magari anche solo una epidermico, istintivo sentimento. Terzo: il valore delle «leadership capaci di guidare e avvicinare le posizioni» a fronte della 'moda' dei 'leader forti'. Per non equivocare, Mattarella allude ai leader mondiali, tra i quali papa Francesco. Tuttavia anche qui si può ricavare una lezione generale: le leadership devono guidare, ma anche accompagnare, devono eccellere nella mediazione verticale e orizzontale, verso la società e dentro le istituzioni. La mediazione e persino il buon compromesso non sono un disvalore. Tantomeno è, di per sé, un valore la cosiddetta 'disintermediazione'. La stessa, fisiologica contesa tra le parti, che è il sale della democrazia, va poi finalizzata a unire, non a dividere la comunità. Come non avvertire qui la consonanza con due dei quattro principi o polarità dialettiche fissate da Francesco nella Evangelii gaudium: il tutto è superiore alla parte, l’unità prevale sul conflitto?

*Deputato del Pd

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